venerdì 30 giugno 2006

Italia formato mondiale


Sssssssssss. Silenzio. Tacete, vi dico. State tutti zitti o non sentirete mai. Che cosa? Ma la voce del campo, no? Il campo di calcio parla, a volte fa lunghi monologhi, ma quasi mai lo ascoltiamo. Parlano le zolle d’erba e i piccoli avvallamenti del terreno, parlano le linee di demarcazione del rettangolo di gioco e perfino i legni delle porte e le bandierine del corner. Ieri io sono stato fortunato. Era da poco iniziata la partita Italia-Ucraina, quando ho sentito nitidamente il campo di Amburgo parlare, con una voce a dire il vero bassa e inquietante, un po’ da fantasma. La voce del campo diceva, cioè ululava: “L’Italiaaaaa vincerà la partitaaaa-haaaaaa.” Poi quella stessa voce ha soggiunto, in soffio da oltretomba appena percebile sotto il commento televisivo di Sandro Mazzola: “Puuuuuuuoi pure preparartiiii-iiiii alla semifinale con la Germaniaaaaaa-aaaaaa”.

Abbiamo battuto nitidamente l’Ucraina, sopravanzandola in ogni zona del campo e in ogni situazione tattica. Si è visto fin dall’inizio che musica avrebbe suonato la partita. Siamo entrati con lo spirito giusto nel clima agonistico, attenti e aggressivi, e chiunque capisse di calcio, quindi anche i giocatori dell'Est Europa sul terreno di gioco, si è reso conto che c’era una squadra più forte a cui la vittoria non poteva sfuggire.
Non ho palpitato come contro L’Australia. La mia gioia è stata inferiore proprio perché il premio non è stato tanto sofferto. L’Ucraina ha fatto qualche tiro nel secondo tempo, ma non ha mai avuto alcuna possibilità di eliminarci dal mondiale. Lo strepitoso gol di Zambrotta, che forse un portiere super come Buffon non avrebbe fatto passare, ci ha messo la partita in discesa.
Le note positive. Andiamo in semifinale senza soffrire e senza giocatori ammoniti per la seconda volta (temevo moltissimo per Zambrotta che mi sembra il nostro uomo più importante, più di Totti e di Toni, nel finale io lo avrei sostituito per sottrarlo al rischio di un’ammonizione fortuita). Abbiamo ritrovato un goleador come Toni, l’unico bomber con la presenza fisica necessaria per permettere il modulo a una sola punta che sembra quello più confacente alle nostre caratteristiche tecnico-tattiche. Segnali positivi pure da Totti, anche se è ben lontano dall’essere il campione dal piede assassino che tutti aspettiamo (non ha quasi mai tirato in porta e nel finale è ricaduto nella perniciosa tentazione del pallonetto-cucchiaieggiante). Sopra ogni cosa è tornato il gioco arioso e veloce che latitava dalla prima partita col Ghana.
Le note negative. Quasi nessuna tranne il protrarsi dell’involuzione tecnico-atletica di Pirlo.
Ora però si fa sul serio. Alla prossima partita dobbiamo affrontare lo spauracchio Germania, che io vedo favorita su di noi per il fattore campo (in un prossimo commento cercherò di spiegare in termini bio-etologici le ragioni dell’importanza di giocare in casa). Per adesso però è tempo di gioire. Siamo arrivati in semifinale e già questo è un notevole risultato. La prossima ce la giocheremo come sappiamo fare e, al di là dell'esito finale, posso già anticipare che gli alemanni non si divertiranno a giocare contro di noi, così come non si è mai divertito nessuno.

LE PAGELLE DEGLI AZZURRI

Buffon 7,5. E se vincessimo le partite perché noi abbiamo Super Gigi e gli altri no? Buffon avrebbe preso il tiro di Zambrotta; il portiere ucraino probabilmente avrebbe lasciato passare almeno due conclusioni dei suoi compagni nella ripresa.

Zambrotta 8. Il migliore dei nostri. Un ciclope. Non sembra neppure umano. Ha segnato, dato assist da gol, salvato un gol fatto sulla linea di porta. Se Harrison Ford gli facesse il test per svelare i replicanti, forse Zambrotta non lo supererebbe.

Cannavaro 7. Non sbaglia niente. Impeccabile. Una sicurezza. Il campione assoluto nell’anticipare gli attaccanti.

Barzagli 6,5. Ottimo per un quasi debuttante. Una sola svirgolata in area a causa di un fallo precedente che gli aveva lasciato il segno. Io lo farei giocare pure contro la Germania al posto di Materazzi, che ha la spiacevole abitudine di entrare fuori tempo e farsi espellere.

Grosso 6. Il peggiore della difesa, anche se ha svolto con diligenza il suo compito. Nel secondo tempo la sua fascia di competenza ha palesato qualche falla.

Pirlo 6. Sembra in involuzione tecnico atletica. Gamba lenta e lento pure il pensiero. Stavolta aveva l’aggravante di non essere marcato a uomo e di aver giocato una partita resa facile dal gol.

Gattuso 7. Un combattente. In crescita atletica. E’ giudicato dalla Fifa uomo del match ed è riuscito perfino a non beccarsi il secondo cartellino giallo.

Camoranesi 7. La sua presenza eleva il tasso tecnico della nostra squadra. Alcune incursioni e gran controllo di palla. Il modulo di gioco con la sua presenza sembra quello migliore.

Perrotta 6,5. Molto vivo, ottima corsa. Si propone continuamente. Spreca qualche situazione favorevole in attacco scivolando maldestro.

Totti 6,5. Tornato a suggerire con buona continuità. Non ha ancora liberato il tiro che fa male.

Toni 7,5. Due gol. Figliuol prodigo ritrovato, ci servirà moltissimo contro la Germania. Corre, contrasta e segna, cosa si vorrebbe di più da un calciatore?

Tutti i subentrati, Oddo, Barone e Zaccardo, sono non giudicabili perché entrati a partita decisa.

L’allenatore Lippi 8. Ha imbroccato la formazione e saputo concedere fiducia a Toni. Le sue polemiche con la stampa hanno alleggerito la tensione psicologica dei giocatori.

lunedì 26 giugno 2006

Ode a un eroe silenzioso


Joe Frazier? Chi volete che sia? Solo uno che ha combattuto con Cassius Clay del ‘71 per il titolo dei pesi massimi (in quello che per me è restato il solo e unico "match del secolo" tra i tantissimi strombazzati in quegli anni).
Ero ragazzino, non capivo molto di boxe e del mondo in genere. Facevo il tifo per Clay perché mi pareva rappresentare la società in subbuglio di quegli anni, la voglia di cambiamento, la contestazione al potere, perfino una certa sana sguaiataggine utile per rivoluzionare le coscienze come ero certo che fosse giusto fare. Frazier mi sembrava un Signor Nessuno, un grigio individuo, uno sparring-partner messo lì per glorificare Clay e la sua coraggiosa lotta al potere costituito e al razzismo ancora florido negli Stati del Sud. Era semplice sapere per chi tenere quel giorno. Da una parte il vecchiume, il parrucconismo e dall’altra la potente spinta rivoluzionaria degli anni Sessanta che irrompeva nel nuovo decennio travolgendo ogni cosa. Con Clay, lo percepiva pure un moccioso come il sottoscritto, c’erano i Beatles e il Sessantotto, le tette libere delle ragazze e il mitico raduno giovanile di Woodstock, il pacifismo alla “c’era un ragazzo che come me…” e il Calcio Totale olandese allora agli esordi. (Occorrerà ricordare che lo sfidante al titolo aveva rifiutato di prestare servizio militare in Vietnam e per questo era stato privato della corona dei pesi massimi conoscendo il carcere.)

Mi dicevo, ripetendo la convinzione generale, che non c'era match. Fui sbalordito il giorno dopo alla notizia che Frazier aveva vinto l'incontro conservando il titolo di campione del mondo dei pesi massimi. Però la notizia fu data in un modo forse poco obiettivo. Frazier, si diceva, aveva vinto ai “punti” come se questa fosse un’onta. Inoltre, si sottolineava, il povero Joe era andato in ospedale dopo l'incontro perché Clay gli aveva fratturato la mascella, qualcuno diceva “spaccato” per rimarcare l'evento.
Quasi nessuno a quanto ricordo aveva detto che anche Clay aveva dovuto ricorrere alle cure ospedaliere. Chi lo aveva fatto lasciava intendere più o meno che il “pugile ballerino” aveva passato il tempo a raccontare barzellette al medico di turno prima di tornarsene a casa danzando. Scarsissimo rilievo era stato dato al coraggio di Joe Frazier, che aveva combattuto per gran parte del match con la menomazione alla mascella. L’informazione sportiva e non era talmente di parte che io ragazzino e un mucchio di gente come me ci convincemmo che il vero vincitore dell’incontro “del secolo” fosse stato Clay, e che Frazier rimanesse campione del mondo solo per imbrogli politici o mafiosi.

Solo molto tempo dopo venni a sapere che quella notte il gancio sinistro di Frazier aveva fatto miracoli e che, se situazioni poco chiare - leggi combine - c’erano state, quelle riguardavano soprattutto l’incontro del futuro Mohamed Alì (Clay cambiò nome diventando musulmano) con George Foreman. La disinformazione continua ancor oggi. Facendo una ricerca con Google su quel match, ho trovato notizie soprattutto sulla vittoria di Clay del 30 ottobre 1974, evento sportivo di certo meno importante di quello del ‘71 che metteva in palio il titolo dei massimi.
Joe Frazier era un pugile semplice e leale alla Cinderella Man, senza grilli per la testa. Uno che aveva preso tanti pugni nella vita e che il pugilato aveva salvato dalla criminalità e dalla galera. Un uomo modesto e di buon senso senza messaggi da lanciare, a meno che questi non riguardassero il suo silenzioso coraggio. Se fosse stato irlandese, sarebbe stato un perfetto personaggio per un film di John Ford. Oggi penso che il mondo sarebbe un posto migliore se ci fossero stati tanti Joe Frazier e molti meno individui linguacciuti e esibizionisti alla Cassius Clay.

Questo post è stato letto e apprezzato da un allenatore di boxe di quelli veri (uno che ha guidato un pugile al titolo mondiale). Ne sono lieto come se fosse piaciuto a Nino Benvenuti o all'allenatore di Rocky nel primo film della saga cinematografica. Sono davvero contento.

giovedì 22 giugno 2006

Gli stronzoni superimpegnati


Ragazzi, vogliamo parlare di questi stronzoni che paiono avere sempre un piede sulla scaletta di un aereo in partenza per luoghi esotici dove attuare fondamentali operazioni a favore dell’umanità?
Tutti noi abbiamo avuto a che fare con stronzoni simili. Si danno arie da persone più indaffarate del presidente degli Stati Uniti. Dicono che hanno tremila cose da fare, tutte importantissime, che gli manca perfino il tempo di farsi una scopata come si deve. Gli stronzoni superimpegnati, anche se strombazzano ai quattro venti che a loro non è concesso neppure un attimo per respirare, per qualche assurdo motivo trovano sempre il modo per parlare con te. Anzi parlare con te, che hai confessato più volte che non fai altro che cazzeggiare sul blog con qualche povero cristo tuo pari, gli piace da morire. Si farebbero uccidere per continuare a mandarti e-mail. Dove lo trovano un altro babbeo del tuo calibro che si beve in silenzio fiumi di cazzate passanti dal parapendio alle operazioni a cuore aperto?

Gli stronzoni superimpegnati sono pure educati. Non dicono una parola fuori posto. Sussurrano perfino Parbleau e Perdinci. Si sono letti tutto il galateo della buone maniere lo attuano con invidiabile aplomb. Però non mancano mai di farti notare come sei fortunato a poter comunicare con loro. Sono in città solo per pochi giorni prima di ripartire per una missione negli States, in cui li aspettano molti businness e big personality, e tu li hai beccati per caso. Stanno partendo per un viaggio per la Patagonia a metà tra la vacanza e l’esplorazione scientifica e, guarda un po’, hai avuto il culo di pizzicarli prima che si involassero con tutto l’armamentario da Giovane Esploratore Tobia. Hanno decine di pazienti in sala di rianimazione e – lo avresti mai detto?... prima di mettersi all'opera con il bisturi ti onorano con qualche loro riga.

Il mio stronzone superimpegnato è una signora con cui comunicavo via virtuale e che mi aveva invitato a certe proiezioni cinematografiche organizzate dal circolo giallistico di cui è fondatrice (l'unico film che ho guardato era una boiata horror a pagamento che mi ha fatto vergognare di essere vivo). Avevo comunicato per alcuni mesi per mail con la signora, conversazione quasi tutta incentrata sull'enumerazione delle notevoli qualità letterarie, morali e soprattutto sportive della mia interlocutrice virtuale. Naturalmente era quasi sempre impegnata in operazioni a cuore aperto, in convegni nella Silicon Valley oh yeaahhh e nella promozione dei suoi romanzi, che assicurava essere eccezionali. In ogni modo ti faceva sempre temere che avrebbe trovato un brandello di tempo per sfidarti e stracciarti a braccio di ferro. Poiché si era mostrata bendisposta le ho chiesto di leggere un mio breve racconto giallo (azione che potrebbe richiedere forse mezz'ora di tempo). Mi ha risposto che era impegnata nella circumnavigazione del globo e che aveva già il piede sulla solita scaletta d’aereo. Comunque se le avessi mandato il racconto lo avrebbe letto, pur lasciando intendere che fosse tempo sprecato, e mi avrebbe risposto non prima di settembre (non prima significa che poteva rispondermi pure a Natale).
In un primo tempo l'ho buttata sull’ironia chiedendole se quella di settembre fosse una barzelletta. Risposta: sono indignata dal tuo tono ironico in risposta alla mia educata lettera. Qui ammetto che ho ceduto alla debolezza umana e ho espresso la mia opinione su dove doveva andarsene la stronzona superimpegnata con le sue arie da Wonder Woman.

lunedì 19 giugno 2006

La prigioniera dei sogni - seconda puntata


Seconda puntata
Emma sorrideva molto meno nel mondo nuovo e incredibile che aveva raggiunto. La strada lastricata che costeggiava il marciapiede era un continuo rintronare di zoccoli equini e di ruote scricchiolanti di carrozze e di carrette piene di ortaggi o fieno. Dovunque cocchieri in livrea con tiri da due o da quattro pretendevano strada imprecando, mentre i malvestiti conducenti di veicoli più lenti imprecavano a loro volta cedendo il passo al rango superiore di chi sopravveniva.
Venditori improvvisati ingombravano i marciapiedi offrendoti qualsiasi cosa dalle mele lustre a stoffe spacciate per esotiche. L’immagine più assurda di tutte a Emma pareva quella di un vecchio armato di paletta che in strada recuperava gli escrementi dei cavalli riponendoli in un carrettino con la cura di un orefice. Ogni rumore risuonava con un timbro sinistro e a peggiorare il quadro contribuiva l’abbigliamento dei passanti. Gli uomini talvolta portavano monocoli e basettoni congiunti ai baffi sotto cappelli altissimi. Le donne rispondevano con gonne monumentali e ridicoli cappellini piumati che nessuna femmina sana di mente avrebbe osato indossare dopo la caduta di Napoleone III.

E poi naturalmente c'era il tormento del busto strettissimo. Ogni respiro le costava un tale strazio che si meravigliava sempre che non fosse l’ultimo. Ormai boccheggiava, era certa che da un momento all’altro le stecche di balena del corpetto assassino avrebbero stroncato le sue povere costole di donna moderna. Avendo in mano un coltello, lo avrebbe utilizzato per liberarsi dalla prigione di stoffa che, ormai ne era sicura, l’avrebbe condotta nell’aldilà a breve. Come se non bastasse l’ampio abito di velluto pesava quanto una tuta da astronauta e i mutandoni del sottogonna le pizzicavano le cosce in punti da non citare nemmeno in mondi più vecchi di uno o due secoli.
Scacciò con una mano un gruppetto di mendicanti ragazzini, sempre più a disagio. Lei non sapeva niente di questo assurdo mondo di carrozze e donne in crinolina anche se si era illusa di conoscerlo leggendo i romanzi di Jane Austen, Walter Scott e Stendhal. Bastava questo per dichiararsi uno spirito dell’Ottocento e non del ventunesimo secolo? Bastava non aver mai preso la patente o detestare i computer? Bastava definirsi signorina e non signora quando la interpellavano o aver recitato ai suoi studenti “Il cinque maggio” con uno stile a metà tra Gassman e Carmelo Bene?

Tornò indietro quasi inciampando nella balza di satin che spolverava il fondo stradale. Individuò il punto esatto in cui aveva mosso i primi passi sul marciapiede e… la porta verde che collegava due mondi e due secoli era sparita. Ricordò le parole apocalittiche udite nel superare l’uscio temporale. “Fa’ la tua scelta, dopo non sarà più possibile tornare indietro”.
Piangendo prese a pugni le pietre grigie del muro che la imprigionava in un mondo che non capiva e da cui non era capita. Ancora con gli occhi lucidi raggiunse un passante con cappello a cilindro e ghette ai piedi. “Chiedo scusa, signore, in che anno siamo?”
Il signore non fiatò. La scostò in malo modo e si allontanò con un passo svelto adatto a una fuga.
Emma ripeté la domanda ad altri viandanti, ma smise notando l'assenza di risposte e gli sguardi preoccupati che suscitava. Il cuore le salì in gola quando si sentì poggiare una ruvida mano su una spalla.

Sapeva di doversi mostrare disinvolta davanti alle sgargianti divise d’epoca dei due gendarmi che la fronteggiavano accigliati. Ma la paura e l’inadeguata circolazione sanguigna dovuta al corpetto funesto le avevano tolto ogni energia.
“Non vogliamo vagabondi, ladri o peggio meretrici in questa parte della città.”
Fremette di indignazione per l’ultima accusa ricevuta, ma ancora una volta la lingua si rifiutò di assecondare la sua aspirazione alla parola. La cosa migliore da fare le sembrò sistemarsi il ridicolo cappellino che pencolava sulla nuca. Dopo altre domande rimaste senza risposta, i gendarmi la afferrarono trascinandola con loro.
Emma comprese che il sogno della sua vita si trasformava nel peggiore incubo. Si vide interrogata di malagrazia da sbirri vecchio stampo con nessuna predisposizione alla tolleranza umana. L’avrebbero dichiarata vagabonda, criminale o pazza. E aveva letto abbastanza libri e romanzi d’epoca classica per sapere che non avrebbe resistito a lungo in qualsiasi prigione o manicomio l’avessero rinchiusa.
Stava quasi per venire meno, quando echeggiò una voce forte e autoritaria: "Lasciate andare subito quella signora!”.

sabato 10 giugno 2006

Pensavo di chiudere, ma mi è passata

38510264_3d67e62f4d_o Chiudo. Per poco, per molto, per sempre, non si sa. Potrei riprendere a postare domani o chissà quando, sono il primo a non saperlo. E’ molto che lo volevo fare. Da diversi mesi non è quasi mai passato giorno senza che io abbia pensato di abbandonare la partita.
Perché lo faccio? Per una semplice ragione. Ho la netta sensazione che sto perdendo il mio tempo.
Ho criticato, sia pure con eleganza, spero, una intelligente signora con cui ero in contatto per e-mail. Quella del “mio perfetto sillogismo” (chi ha letto il post sa di cosa parlo). Era una donna sensata e lucida, una brava scrittrice tra l'altro. Quando le dissi con quali energie mi dedicavo al blog, mi disse: “Scusa, ma chi te lo fa fare? Mi sembra una perdita di tempo”. Cercai di spiegarle cosa volevo ottenere con il blog e lei, la donna che la sapeva molto più lunga di me, mi disse: non è così che vanno le cose.
Sono orgoglioso di ciò che ho fatto qui. Sono soddisfatto della qualità dei miei post, anche se parecchi di essi mi sono costati molta fatica. Questa mi sembra una buona cosa.
Un ringraziamento doveroso ai tanti che sono stati gentili con me. Li abbraccio tutti a uno a uno come fratelli. Per il futuro, chi vivrà vedrà

P.S. Ero qui sul blog fermamente deciso a pubblicare il presente post, quando ho visto arrivarmi un commento nell’articolo sull’Attimo fuggente. Mi sono fiondato a vedere chi mi scriveva. Per la cronaca era l’intelligente elle, che mi ha rilasciato un bel commento. Perché ci comportiamo così? Perché uno che sta per chiudere il blog (sia pure si spera temporaneamente) si precipita sull’ultimo commento che gli arriva? Boh.

Aggiunta di giovedì 15 giugno:
Passano i giorni e passano pure gli stati d'animo. La sensazione di estrema inutilità che sabato mattina avevo del blog è superata. Stamattina ho pensato che è estate, ci sono i campionati del mondo di calcio, è tempo di pensieri positivi. E nei pensieri positivi sarebbe opportuno aggiungere pure il blog. Tra i molti buoni consigli ricevuti ne ricordo soprattutto due, come ho detto in un mio commento, forse pure perché sono stati tra gli ultimi a giungermi. Oceanomare mi ha detto che il blog è mio e posso usarlo come voglio. Vitty mi ha ricordato che il blog non è la vita e che non lo si dovrebbe percepire come se lo fosse. Farò così, poi a estate finita si vedrà. :-)

venerdì 9 giugno 2006

Capitano, Mio Capitano - Il barbarico YAWP


No, che dici? L’attimo fuggente è un film splendido, descrive al meglio le aspirazioni dei ragazzi di ogni tempo e il desiderio di alcuni non piegarsi al conformismo. E’ una storia così avvincente che ti persuade di essere sempre stato un poeta, anche se non hai mai letto un verso di Whitman, Byron o Tennyson. Robin Williams nella parte del professore antisistema John Keating, poi, è insuperabile, non per niente sfiorò l’Oscar... Però tu devi restringere il campo delle tue riflessioni. Concentrarti su un punto specifico.

Allora direi tutte le scene delle lezioni di Williams/Keating. Quando lui parla del “carpe diem”, del “cogli la rosa quando è il momento”. Quando spiega che ciò che ci rende uomini è la poesia (in tutte le sue sfaccettature) e non le sia pur rispettabili professioni come la medicina o l’avvocatura. Quando parla di succhiare il midollo della vita nelle grotte notturne o fa strappare agli allievi l’introduzione del pomposo libro di testo di letteratura. E non scordiamoci di quando fa risuonare “Il mio barbarico YAWP”. Ah, non scordiamoci del barbarico YAWP, per favore.

Sì, dici cose sacrosante. Il barbarico YAWP a me fa ribollire il sangue di pensieri romantici ancora a distanza di anni. Ma ti mantieni ancora troppo largo. Devi restringere il campo delle tue osservazioni.

Ho capito, ti riferisci alla parte finale in cui quel ragazzo, quel Neal, si uccide perché il padre gli nega il permesso di recitare Shakespeare. La morte del sognatore Neal è la chiave di volta del film, dato che dà a quel bacchettone del preside della scuola di Welton l’opportunità di liberarsi del detestato Keating. Magari ti riferisci pure a quando i ragazzi sono costretti alla delazione contro il loro osannato professore per evitare l’espulsione. Che tristezza.

Ancora no. Devi circoscrivere, limitare la tua attenzione a un punto preciso. Ancora non ci sei. Pensa a una sola scena, a una sola sequenza.

Ecco! Ho afferrato tutto. Scena finale. Keating è tornato in classe per prendere le sue cose prima di lasciare la scuola. E davanti allo sguardo esterrefatto di quel parruccone del preside che fa lezione di letteratura alla vecchia maniera, i ragazzi saltano sui banchi al grido di “Capitano, mio Capitano”. Ho messo il fermo immagine sul lettore dvd. Ho contato dieci ragazzi in piedi sui banchi che sfidano l’espulsione e diventano uomini; e altri otto vigliacchi - tra cui quella carogna di Cameron, non dirmi che ti sei scordato di quel piccolo Giuda dalla testa rossa - che se ne rimangono a testa bassa seduti. Ho individuato perfino due banchi vuoti. Voglio proprio vedere se ora avrai il coraggio di dirmi di restringere ancora.

E invece quel coraggio ce l’ho. Devi concentrarti sul titolo italiano del film (migliore di quello americano). Devi cogliere l’attimo, l’attimo fuggente che caratterizza tutto il film.

Allora lo colgo. E’ quel particolare ragazzo, quello e quello solo, il primo che si alza sul banco, quello sensibile e balbuziente, quello che si vergogna di parlare in pubblico, aspetta ricordo pure il nome, Todd Anderson, quando il timido Todd salta sul banco e dice “Capitano mio capitano”, ecco l’attimo decisivo del film. Confesso che mi commuovo sempre vedendo la scena di Todd.

Sì, finalmente ci sei riuscito. Ti commuovi solo? Andiamo, non essere reticente. Fa’ conto che non ci senta nessuno.

Va bene, quando Todd sale sul banco mi vengono gli occhi lucidi. Sempre. Ho questa reazione unicamente quando guardo quella scena da solo e nessuno mi vede. Perché se c’è gente con me mi mostro disinvolto e faccio pure dell’ironia sul film.

Una curiosità, cosa hai provato ieri sera quando hai riguardato le scene salienti del film e hai visto Todd salire sul banco all'uscita di classe del professor Robin Williams? No, non dire niente. Ricordo che eri solo quando hai visto quella scena.

lunedì 5 giugno 2006

Galateo del commento al post


Prima una precisazione: al di là di quanto si potrebbe forse pensare leggendo qualche passaggio del post, non sto a guardare i commenti con lo spirito di uno spaccacapelli in quattro. Anzi, un ciao o un buongiorno detti col cuore sincero mi sembrano i commenti più belli e appaganti del mondo e abbraccio qui come fratelli le persone leali che mi hanno salutato in questo modo.
Detto questo mi pare sia utile passare in rassegna alcuni dei principali malvezzi (almeno quelli da me notati) nel modo di commentare i post. Ho escluso da questo mio elenco i casi limite di blogger provocatori, squilibrati o casinisti, spesso anonimi, con cui in tutti i casi ho avuto poco a che fare. E’ probabile che io stesso sia caduto qualche volta in alcune di queste cattive abitudini.

Quelli che non ti commentano. In realtà questo genere di blogger non mi dà tanto fastidio. Uno ha il diritto di non commentarti, se non vuole. In genere, dopo aver rilasciato tre o quattro osservazioni sui blog di queste persone, e constatata la loro latitanza sul mio, attenuo i contatti a favore di persone dotate di maggior spirito democratico. Il problema si ripresenta se costoro ti mandano un commentucolo svogliato dopo aver rilevato che non ti fai più vedere dalle loro parti.

Quelli che non ti commentano e non lo faranno mai, e te lo dicono pure, ma giudicano del tutto naturale e doveroso che tu commenti loro. Questa è una delle categorie che più mi manda in bestia. In genere si tratta di blogger famosi con un contascatti con molti zeri e un blog dall’aspetto curatissimo premiato ed apprezzato – almeno stando a ciò che strombazzano loro - in vari siti specializzati. Questi personaggi dichiarano da qualche parte, in mezzo ai vari riconoscimenti conseguiti dal loro blog (ma riconoscimenti de che, dato che scrivono post dozzinali e perfino banali), che loro sono troppo impegnati per interagire con i comuni mortali, ma leggono e apprezzano quanto gli scrivi e che in questa vita o nella prossima di sicuro ricambieranno la visita.

Quelli che rilasciano commenti non memorabili. Conosciamo questo modo di fare. Dicono CheBelBlogHai, PassaATrovarmi, Ciao, PassoPerUnSaluto. Di norma non ho niente contro questo tipo di atteggiamento. Sono portato a credere che queste persone abbiano poco tempo a disposizione per scrivere qualcosa di più articolato (o che in quel particolare momento non siano ispirati) e, poiché sono un inguaribile ottimista, penso che abbiano letto pure tutto il mio post da cima a fondo. Tra l’altro in questo gruppo di blogger che passa perlopiù per un saluto ci sono ottime persone sulla cui lealtà e correttezza metterei due mani sul fuoco.

Quelli che al primo commento al tuo post ti parlano degli in genere noiosi fatti loro scordandosi di digitare una virgola su quanto hai scritto (spesso con molto sudore). E’ importante precisare che questo atteggiamento dà fastidio solo al primo commento; mentre giudico del tutto legittimo che nelle osservazioni successive allo stesso post (ne ho fatte pure io parecchie) uno parli di altre cose se ne ha voglia. Per qualche bizzarro motivo, tali persone ritengono di fare un vita avvincente e che narrare le loro avventure sia più interessante che argomentare sul tuo post (c’è pure il particolare che così facendo evitano di leggersi il tuo articolo e di spremersi il non si sa quanto dotato cervello per rilasciare un commento accettabile). Ovviamente questo genere di avventori virtuali non sentono alcuna necessità di scusarsi per il fatto che ignorano l’ultima tua creatura blogghifera o di spiegare che hanno poco tempo per leggere, ma che rimedieranno al più presto.

Quelli che ti rovinano il post con un commento fuori luogo che ha il potere nello stesso tempo di farti perdere il tuo (scarso) controllo e di indirizzare negativamente i commenti seguenti. Vediamo il caso tipico. Hai pubblicato un post pieno di brio dopo averlo revisionato qualche migliaio di volte. Sei in fin di vita, ma, forse a causa dello sfinimento, giudichi il tuo post un piccolo capolavoro. Mettiamo il caso che l’articolo parli di una delle tue molteplici disavventure con una pulzella virtuale. Mettiamo il caso che tu voglia stimolare la solidarietà altrui con le tue traversie da internet e che salti fuori questo personaggio sentenziando che hai torto marcio. Ti sei meritato ogni fregatura dato che sei stato così malaccorto.
Questo tipo di commenti ha due perniciosi effetti simultanei. Uno, di mandarti fuori dalla grazia di Dio e di costringerti a postare una replica risentita, anche se sei contrario a questo tipo di reazione (una specie di “Anvedi un po’ de annartene affanculo” espresso in maniera più urbana). Il secondo effetto è che devi sostituire il tuo bellissimo e sudatissimo post con uno nuovo, sicuramente meno efficace, perché quando ti lasci andare all’ira, anche in casi all’apparenza sacrosanti, ottieni sempre di mettere a disagio coloro che che ti leggono.

Quelli che usano il tuo blog per loro polemiche personali con persone terze, e fanno come se tu non esistessi. Mi è capitato una sola volta per iniziativa di uno sconosciuto.

Quelli che si scusano perché sono troppo stanchi per leggere il tuo post (è notte fonda), ma che giurano che colmeranno la lacuna al più presto. Per qualche motivo poco chiaro, costoro raramente colmano le lacune che si erano impegnati a superare.

Quelli che hanno letto l'ultima frase del post e pretendono di aver capito tutto.

Quelli che dicono "Che bella foto hai messo!". Qui ammetto le mie colpe. Non posso evitare di digitare questa frase specie quando vedo postata qualche piacente donzella svestita.

In tutti i modi esistono anche blogger che si comportano con ammirevole educazione. Citerò solo il caso dell’amico Colui che Vede Oltre, il quale, al ritorno da un suo viaggio all’estero ebbe l’estrema delicatezza di commentare ben quattro miei post tutti in una volta (nemmeno io sono mai giunto a tanta abnegazione).

Chiudo ribadendo il mio convinto grazie a tutti quelli che passano di qui lasciandomi semplici ciao o buongiorno detti col cuore sincero.

Aggiunte del 6 giugno 2007:

Quelli che come commento, magari come loro primo commento, mandano il proprio post a cento persone diverse. E' incredibile, anche quando gli spieghi con pacatezza che questa non è un'azione elegante da fare, che la correttezza vorrebbe che tu leggessi i post degli altri e li commentassi adeguatamente, questi blogger cadono dalle nuvole: "E che ho fatto di male!".

Quelli che mandano lo stesso messaggio a te e a un milione di altre persone situate tra la baia di Baffin e il Capo di Buona Speranza. Non c'è da aggiungere che i messaggi di questi furboni non vanno oltre un CheBelBlogHai PassaATrovarmi.

Quelli che rompono le palle cercando di venderti qualcosa (dalla trasmissione radiofonica che presentano, all’ultimo libro sgrammaticato che qualche stronzo gli ha pubblicato, alla scuola di ballo addirittura all’ultimo disco che hanno prodotto alla carlona in uno studio di registrazione familiare. Questa gente non arretra di fronte a niente, ha una faccia di bronzo a prova di bomba, affermo persino che non appartiene al genere umano. Questi non sono blogger, ma i famosi Ultracorpi di un noto film di fantascienza.

Quelli che ti riempiono il blog di pubblicità-spazzatura che va dall’ultimo pietoso caso umano, a invettive illetterate contro Bush o il governo in carica, a spot a favore di siti pornografici.