lunedì 28 gennaio 2008

La prefazione dei blogger


Ieri sergio berto mi ha fatto rilevare in un commento la mancanza di una prefazione al mio romanzo Atto d'amore. Il fatto è dovuto a un errore editoriale che ha mandato in stampa il libro in anticipo. In un primo tempo non consideravo con favore l'idea di una prefazione. Mi pareva un elemento prolisso in cui qualche personaggio più o meno accademico finisce per dire cose più o meno pompose e più o meno noiose sulla tua storia. Però il lettore ha sempre ragione e ho deciso di rimediare alla mancanza. Ieri sera mi è venuta un'idea che mi pare buona. Invece di interpellare il severo personaggio in questione, che tra l'altro non so manco dove andare a pescare, al mio libro si potrebbe fare una prefazione basata sui commenti di alcuni blogger. Secondo me ne verrebbe fuori una cosa più interessante e frizzante. Si potrebbe introdurre questo contributo con una frase in cui dico grossomodo che dato che il mio mondo è quello del blog ho preferito affidare a questa nuova e dinamica specie umana la presentazione del mio libro. I blogger hanno parecchi difetti, ma certo ti fanno annoiare meno di qualche professorone con la puzza sotto il naso.

Quindi raccolgo alcuni dei pareri degli amici che già hanno letto il mio romanzo e li inserisco nella prefazione. Poiché lo spazio è comunque limitato e i tempi sono ristretti, mi scuso con coloro che resteranno esclusi dal nostro gioco spero interessante.

Nella foto ho messo dei ragazzi che fanno murales perché i blogger a mio avviso, quando sono schietti, hanno qualcosa della libertà, dell'imprevedibilità e dei mille colori degli artisti da strada.

venerdì 25 gennaio 2008

Cruciverba letterario



Ho creato questo cruciverba per gli appassionati della letteratura. In un secondo momento, se me lo si richiederà pubblicherò lo schema risolto. Le definizioni attinenti alla letteratura sono in corsivo. Buon divertimento a chi si cimenterà.

Orizzontali. 1. Scrittore isolano. 8. Nome maschile più diffuso al femminile. 9. Burdon cantante degli Animals. 12. Francesca narratrice e saggista. 15. Chiedevano chi erano i Beatles. 16. Con Rafael e Herrera nel più noto museo archeologico di Lima. 17. Tradisce nella Chanson de Roland. 20. Raganella arborea. 21. Vladimir di Lolita. 24. Plurale di un noto ingrediente aromatico della cucina. 26. Paolo poeta e librettista tra i massimi esponenti dell'Arcadia. 27. Articolo femminile. 28. Trinity College Dublin. 30. Era nova nella musica. 32. Quello di Samostata parlò del primo viaggio letterario sulla Luna. 35. Fleming creatore di James Bond. 37. Jacques presidente della Commissione Europea dal '95 al '99. 38. Carlo che passò dove Cristo si era fermato. 39. Premio Nobel per la letteratura nel 1947.

1. Comunità Economica Europea. 2. Iniziali del regista di La cicala. 3. Nobel per la letteratura nel 1904. 4. Nome di Asimov. 5. Jack campione della narrativa avventurosa. 6. Marut scrittore anarchico noto pure con lo pseudonimo di B. Traven. 7. Levin di Rosemary's baby. 10. Articolo maschile. 11. Nome del più grande veliero del mondo. 13. Sei romano. 14. Primo pronome personale. 15. Scriveva di lamantini e babirussa. 16. Pseudonimo di Amaliana Cambiasi Negretti. 17. Nobel per la letteratrura nel 1983. 18. Absolute Key Logger. 19. Io e te. 22. Pellegrino gastronomo e scrittore. 23. Giorgio giornalista e scrittore. 25. Iniziali dell'autore di Fontamara. 29. Vidal romanziere. 31. Qualità di legname dello stato indiano del Chhattisgarh. 33. Figlio di Eracle e Onfale. 34. Buntline scrittore, giornalista e pistolero dell'Ottocento. 36. Particella negativa.

martedì 22 gennaio 2008

L'eleganza di Ornella Vanoni


Della Vanoni e soprattutto delle sue canzoni penso tutto il bene possibile. Naturalmente la pensavo in modo diverso tempo fa, quando ascoltavo il rock cosiddetto progressive, che annoverava nella sua produzione musicale anche pezzi orrendi notevoli soprattutto per la loro rumorosità e cacofonia (c'era ovviamente pure della buona roba, come dovunque). La Vanoni mi sembrava un prodotto del passato. Vecchia lei e vecchia la sua musica.
Si cresce e si cambia idea. Qualche tempo fa mi capitò di ascoltare quasi per caso alcune canzoni della Vanoni. Ricordavo perfettamente "La musica è finita" (di rara forza l'immagine "Ecco, la musica è finita / gli amici se ne vanno / e tu mi lasci sola più di prima") cantata in coppia credo con Roberto Carlos a un festival di Sanremo, ma altre mi erano del tutto passate di mente. "Io ti darò di più", "Sto male", "L'appuntamento", Una ragione di più", "Insieme a te" (cantata con Mario Lavezzi) e tante, tante altre.
Le canzoni della Vanoni hanno la particolarità di contare sempre su testi raffinati, mai banali, che parlano d'amore in una maniera dolce in cui sono sviluppate con profondità le emozioni femminili. Veramente è difficile trovare altre canzoni che espongano con tale delicatezza il modo di percepire delle donne. E' per questo probabilmente che i brani di questa cantante sono associati da molte donne ad amori importanti (e purtroppo finiti, perché le belle canzoni della Vanoni sono in genere malinconiche, sia pure di quella malinconia che ti scalda dentro).
Considero la nostra Ornella della canzone una delle nostre più raffinate interpreti, sullo stesso livello e forse più, almeno dal mio punto di vista, di Mina.

domenica 20 gennaio 2008

La morte virtuale


La prima volta che vidi in faccia la morte virtuale ero giovane, dal punto di vista del blog. Ero immerso in questo nuovo ed eccitante mondo incorporeo provando più o meno l'euforia del cane Buck arrembante per una selva nordica pregna di odori e suggestioni primordiali. Però ogni tanto mi imbattevo nella morte virtuale, che mi stemperava il sorriso. Navigando sull'onda dell'entusiasmo, spesso capitavo su blog abbandonati da mesi o persino da anni. Molti di questi blog erano addirittura ancora inclusi nei Blog Consigliati della vecchia piattaforma di Tiscali, aumentando la desolazione e il profondo disagio che comunicavano. Mi sembrava proprio di trovarmi in un antico cimitero degli elefanti. Arrivavi in un posto pieno di ossa, colossali e mistiche come templi antichi, accatastate alla rinfusa: la morte era passata di lì, proprio dove tu ora pestavi i piedi, e aveva prodotto quel disfacimento al limite della putrefazione sotto i tuoi occhi. Spesso in quei cimiteri lasciati a marcire nelle savane virtuali c'erano messaggi di addio nell'ultimo post. Erano sempre tristi le ultime parole dei moribondi, con sofferenza vado via, trapasso in un mondo migliore senza affanni, ma voi, voi che siete i vivi virtuali che ho amato in questa mia permanenza sul blog, continuate a ricordarmi come io farò con voi nell'aldilà. Spesso in quei mesti congedi si citavano diversi nick con pathos omerico. Quasi tutti i nick enumerati avevano firmato un epitaffio nell'ultimo post del dipartito, ti ricorderò sempre, resterai nel mio cuore o anche fatti sentire, eh, non sparire, passami a salutare, mio sventurato compagno di tante bisbocce da internet.

In quei casi avevo come l'impressione di visionare filmati su pacifiche popolazioni spazzate via da un'inopinata e repentina catastrofe nucleare. Ecco lì le ultime parole dopo la Bomba che ha annientato una civiltà. Tornando indietro con i post del blog estinto, scoprivi un periodo in cui il suo inquilino era stato felice. Se viaggiavi indietro nel tempo per settimane o per mesi, ti rendevi conto che il blogger scomparso un giorno era stato sereno. Scriveva post lunghi e positivi, rideva, non negava faccine e sorrisetti a nessuno; nel suo spazio virtuale abbondavano gli eheheheheh e germogliavano poderosi preYeaaahhhhh. E c'erano commenti a frotte. E' vero che di solito non sembravano riflessioni memorabili, saluti o poco più, buon we, ciauz, che bel blog hai, grazie per il passaggio. Ma erano umane attestazioni che la tua presenza in questo mondo intangibile era nota ai più o, parafrasando Whitman, provavano che tu sei vivo e contribuisci con un post al potente spettacolo della vita. Via via che ci si avvicinava la fine virtuale, i commenti si assottigliavano, tre, due, uno e poi zero. Zero, zero, zerozerozero. Gli ultimi, svogliati post del blog cimitero degli elefanti erano spesso accompagnati dal nulla nell'area dei commenti. Era segno che la bomba atomica era già stata sganciata. L'aria di quella casa virtuale era già impregnata di sostanze radioattive. Presto tutto sarebbe finito.

In ogni modo, anche se questi blog abbandonati mi intristivano, erano appartenuti pur sempre a gente che non conoscevo e con cui non avevo mai scambiato una parola o un'emozione, per quanto formali. Erano morti di qualche remota landa subsahariana o indocinese, non facevano poi tanto male. Molto diverso fu il caso dell'abbandono di una blogger che conoscevo benissimo, che passava ogni giorno da me, ridendo, lasciando lunghi e vivaci commenti, diventando una figura della tua vita con la sua presenza costante. Quando andai sul blog di questa amica trovandolo sparito, ci restai malissimo. Davvero soffrii. Fui subito certo che questa persona aveva abbandonato perché era infelice e mi sentii in colpa per non essermi accorto o non essermi accorto a sufficienza dei suoi problemi. Volevo assolutamente scriverle qualche parola per alleviare la sua pena, che immaginavo terribile. Non avevo la sua mail, ed essendo il suo blog scomparso non c'era alcun modo di contattarla. Riuscii a farmi dare un indirizzo di posta elettronica da una terza persona e le scrissi. Si mostrò contenta delle mie parole, ma, a differenza di ciò che credevo, pareva meno disperata del previsto. Tornò quasi subito sul blog, ma a intermittenza, ora c'era e ora no.

E' difficile spiegare la pena che provai dopo questo primo abbandono di un blogger conoscente. Era come se fosse morto un amico o il tuo dirimpettaio. Insomma ero quasi sul punto di vestirmi a lutto mentre pensavo a qualcosa come: se ne è andata all'improvviso, solo ieri era piena di vita, rideva felice e contenta con me e con altri compagni da web, nessuno avrebbe potuto immaginare questa tragedia.

Da allora mi è capitato un fenomeno di adattamento tipico di molti infermieri e medici di ospedale. Il primo morto che vedi in corsia ti turba e magari ti fa avere gli incubi di notte. Poi via via ti ci abitui o non potresti più lavorare in mezzo ai malati. Anch'io mi sono abituato alla morte virtuale. Ora mi fa molto meno effetto dei primi giorni, anzi riesco persino a riderci sopra. Probabilmente come accade negli ospedali per la morte vera.

lunedì 14 gennaio 2008

Ragione e sentimento in un attimo fuggente



L'attimo fuggente lo conoscono tutti. Robin Williams, nei panni dell'anticonformista professor Keating, instilla nei suoi allievi idee che ne cambieranno i comportamenti e il destino. E' il film del mio barbarico Yawp, del bosco con due strade di cui scelsi quella meno battuta, del carpe diem, di tanta poesia come mai te ne hanno parlato e soprattutto del Capitano, Mio Capitano. Non si ritiene di dover aggiungere altro per far visualizzare questo film ai lettori.
La ragione cruda e forse cinica.
E' uno stupido film infarcito di bassa retorica e dei peggiori luoghi comuni. Si basa su situazioni e comportamenti magari piacevoli da vedere su uno schermo, ma che osservati nella realtà dei salti mortali per arrivare a fine mese sembrano ridicoli. Che reazione avremmo, nel vedere sul serio ragazzotti sciocchini e sognatori che salgono sui banchi? Di certo rideremmo. Penseremmo che sono una manica di stronzetti borghesotti con la pancia piena e il paparino riccastro, che non hanno capito un cazzo della vita e che, a questo punto, è meglio che non lo capiscano mai.
L'anticonformismo apparente è solo un'altra forma di conformismo, spesso peggiore di quella originale. L'essere umano cerca il consenso come cerca l'aria, solo uno stupido può pensare il contrario. E che dire di questi professori supposti anticonvenzionali che ogni tanto saltano fuori a mitragliare boiate nei luoghi più impensati? Avevo un professore simile al liceo. Tutti lo consideravano un utile idiota perché eri esentato dallo studiare la sua materia e persino dall'ascoltare i suoi interminabili monologhi sul nulla. Si vestiva come un demente con farfallino e giacca con le toppe, ti portava all'improvviso in strada o in palestra e non è mai giunta notizia che le sue vuote chiacchiere siano state di utilità per alcuno dei suoi allievi. E poi ce li vedete, un branco di adolescenti con gli ormoni a mille, a leggere Byron in una grotta? Da che mondo è mondo i ragazzi vogliono la fica, la passera, sbavano per la profumata e succulenta gnocca. Solo gli imbranati della peggiore specie potrebbero aderire a quella idiozia della Società dei Poeti Estinti o meglio Schiattati.
Le idee propagandate dal professor Robin Williams sembrano le tipiche frottole da ammannire agli sconfitti della vita. Io e voi, si dice, non siamo riusciti o non riusciremo ad avere successo, soldi o vero potere. Però non dobbiamo preoccuparci della nostra sconfitta, perché ciò che abbiamo perso (e che la quasi totalità degli uomini ricerca) non ha importanza. E' solo una chimera, un falso obiettivo. Contano invece altre cose facili da procurarci, in questa o in altre aule di sconfitti: la poesia, il sogno, il sentimento, il vivere intensamente e altre cazzate. In realtà l'ideologia facilona e retorica del professor Keating ha la stessa funzione consolatoria delle religioni: non preoccupatevi se siete gli ultimi qui, tanto da qualche altra parte, prima o poi, sarete i primi.
Infine esaminiamo nel dettaglio l'influsso avuto dal pittoresco insegnante sui ragazzi affidati alle sue cure. Concentriamoci su uno degli ultimi fotogrammi del film, quello che mostra la metà classe in piedi sui banchi e l'altra metà seduta. In tutto si contano venti posti. Due vuoti, quelli di Neil Perry, lo studente morto suicida per aver recitato Shakespeare contro i desideri del padre, e di Charlie "Nuwanda" Dalton espulso per aver picchiato un compagno. Dieci sono i ragazzi in piedi, capitanati da Todd Anderson, il primo che raglia del Capitano Mio Capitano. Otto sono gli studenti seduti, tra cui il realista Cameron. Ecco dunque i veri effetti delle chiacchiere di Keating. Una vita anientata, un giovane che di certo sarebbe vissuto senza imbattersi in un saccente professorucolo più consono alla professione di clown che di insegnante. Uno studente espulso costretto a rivedere a causa di ciò le sue aspettative di carriera, di guadagni e infine di felicità. Dieci studenti forse espulsi, sicuramente con la testa imbottita di sciocco romanticume portatore, nella migliore ipotesi, di un mucchio di calci in culo dalla vita.
Il sentimento senza se e senza ma
Non sono d'accordo su nessuna delle precedenti affermazioni. L'attimo fuggente è un film straordinario, già diventato oggetto di culto. Robin Williams è impagabile nella parte del professor Keating. Vedendo quel film ho amato la poesia, io che sghignazzavo non appena sentivo citare due versi su qualunque argomento, con o senza istrioniche pose da Gassman. Non condivido la tua tesi secondo cui l'anticonformismo sarebbe solo un altro aspetto del conformismo. Le cose sono più semplici. Se non ci fosse gente che di tanto in tanto contesta la società costituita, saremmo ancora dominati dal vecchiume accademico e dalla qualità della poesia misurata con un sistema di assi cartesiani. Saremmo circondati da bacucchi inguardabili, da mummie peggiori del principe di Metternich o del preside della scuola di Welton. Mi spiace per il tuo insegnante inadeguato del liceo, ma i professori anticonformisti sono come qualsiasi categoria umana, come i tassisti, i medici e i pizzaioli, ci sono quelli bravi e quelli no.
Il resto delle tue ciniche riflessioni mi fa provare sincera pena per te. Ti consiglio di provare a pensare un po' diverso ogni tanto. Libera le emozioni, balla sotto la pioggia, lancia Yawp educati o meno, fatti guidare dal cuore, vivi, per la miseria! Come puoi dire che esisti se non fai battere il cuore? Non mi dire che sei contento del tran tran quotidiano. Non mi dire che non vorresti fare altre cose, quelle sognate da ragazzo, non mi dire che non sei mai stato sul punto di insorgere contro le ingiustizie o gridare Capitano Mio Capitano a qualcuno o qualcosa. Guarda, è semplice. Ripeti con me, O Capitano, Mio Capitano, e dopo ti sentirai un pochino meglio, un pochino meno sporco. Ripeti, O Capitano, Mio Capitano. E' facile, no?
Vorrei chiudere qui. Ma non posso assolutamente lasciar passare le tue assurdità sulla supposta influenza negativa di Keating sulle vite dei ragazzi. Dici che Neil Perry è morto per colpa del professore. Niente di più falso. Keating aveva più volte ripetuto al suo allievo di rivelare al padre la sua passione per Shakespeare e tutta la filosofia del film è di affrontare la vita a fronte alta, senza nascondersi. D'accordo, Charlie Nuwanda è stato espulso, e allora? Buon per lui, diventerà un musicista impegnato, un leader per i diritti civili, un oppositore della guerra in Vietnam: non ti sei accorto che stanno per arrivare gli anni Sessanta e sono tutti suoi? E poi c'è Todd, il mio preferito, Todd che mi fa commuovere, Todd che soffre ma che vive. Diventerà un poeta o meglio uno scrittore, uno di quelli bravi, quel ragazzo ha un cuore grande come una casa e Keating gliel'ha mostrato. Knox Overstreet, il ragazzo infatuato, avrà l'amore perché ha saputo osare; l'occhialuto Steven Meeks sarà uno dei capoccioni che porteranno l'uomo sulla luna e pure il trasandato e svogliato Pitts farà qualcosa di buono, me lo sento.
Sui vigliacchi rimasti seduti in classe non mi pronuncio. Quel disgustoso testa rossa di Cameron sarà uno dei tanti avvocati arrivisti di cui è pieno il mondo. Fregherà clienti e assicurazioni finché un giorno qualcuno non fregherà lui. E sta a sentire quello che ti dico: verrà un giorno in cui si pentirà di non essere salito su quel banco. Verrà un giorno in cui capirà che la sua vita sarebbe stata diversa se lo avesse fatto.
Dedico questo mio post a Cleide. Lo faccio per molti motivi, ma soprattutto perché lei è, più di me, una di quelle persone che salgono sui banchi, credendoci prima e dopo averlo fatto. La sera del primo gennaio di quest'anno io e lei abbiamo visto L'attimo fuggente su un 14 pollici catorcio tutto formicolii. Ci è piaciuto più che se lo avessimo visto in un cinema modernissimo provvisto di effetti speciali.

domenica 13 gennaio 2008

Chiove

Ascolta. Piove.
Piove su le pattumiere
partenopee riarse,
piove su la monnezza
aulente e irta,
piove su la sporcizia
dei bassi,
su le sozzure fetenti
di rifiuti accolti,
piove su i nostri politici
corrotti e incapaci,
piove su la nostra sopportazione
esaurita,
su la nostra diossina
leggera,
su i fangosi ratti
che la spazzatura ospita
benigna,
su la città bella
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude,
o Partenope.

Odi? La pioggia cade
su la solitaria
monnezza
con un crepitio che dura
e varia nel tanfo secondo il pattume,
più sferza, men puzza.

Ascolta. Ogni schifezza
che insozza la strada
ha il suo suono.
Le sudicie cartacce
hanno un suono, e la merda
altro suono, e gli avanzi del cenone
altro ancora, e i resti di antichi
vomiti pure, stromenti
diversi cantano
sotto innumerevoli dita.

E piove su i nostri politici
corrotti e incapaci,
piove su la nostra sopportazione
esaurita,
su la nostra diossina
leggera,
su i fangosi ratti
che la monnezza ospita
benigna,
su la città bella
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude,
o Partenope.

venerdì 11 gennaio 2008

Politici di mondezza


Parte prima: la mondezza partenopea inviata nello spazio con un messaggio di Carl Sagan per gli alieni

La questione scottante del momento è: cosa si farà per risolvere la vergogna dell'immondizia napoletana? La risposta è niente. Sarebbe del tutto deleterio fare qualcosa, qualsiasi cosa, e ora si spiegherà perché.

Mettiamoci infatti per un attimo nei panni di un politico con potere decisionale nell'area napoletana. Il discorso seguente vale per tutti i politici di ogni regione e colore partitico, ma per ora lo focalizzeremo solo sugli amministratori, sindaci, governatori, ministri, presidenti del consiglio tenuti a governare l'emergenza napoletana. Dunque siamo politici più o meno importanti dell'apparato locale o statale. Il nostro è un gran bel lavoro, privilegiato, ben retribuito, ammirato, ci rende potenti, ci fa vivere bene e ci assicura pensioni da favola se sapremo preservare con oculatezza la nostra attuale occupazione. In sostanza abbiamo un posto al sole e lo vogliamo conservare per noi e se possibile trasmettere come feudo ereditario, come spesso succede, ai nostri figli e congiunti. Ciò determina che le nostre azioni non saranno mirate a conseguire il bene della cosa pubblica che amministriamo, ma il nostro bene personale. Non è una bestemmia: nella nostra esperienza politica abbiamo constatato che ciò che fa bene a noi e alla nostra carriera spesso fa bene pure allo Stato e alla cittadinanza, almeno è questo che ci piace pensare.

Perciò che facciamo, noi governanti interessati alla situazione partenopea? Prima di tutto non ricorriamo alla forza. Nessuno vuole passare per violento o per uomo nero. L'uso di metodi spicci contro proteste di piazza non ha mai portato a grandi fortune politiche. Il ricorso al manganello equivale a dire addio alla pensione da ministri o sindaci. La situazione potrebbe cambiare se ci scappasse il morto in qualche tumulto popolarcammoristico. In quel caso non saremmo noi a ordinare lo stato di emergenza, ma sarebbe il popolo o meglio l'elettorato che lo fa. Quindi non ci resta che attendere che qualche vigile del fuoco, qualche operatore ecologico, qualche passante ci lasci le penne per mezzo di una pallottola vagante, una bomba carta o di Maradona, una sprangata, una coltellata.

Un seconda strategia di azione dice che i soldi possono molto e molto potrebbero pure in questo caso. Se non puoi persuadere il tuo avversario, in questo caso la gente che rifiuta gli impianti di smaltimento, compralo o meglio corrompilo. Si potrebbe fare una leggina con cui si concede agli abitanti di qualche paesino napoletano un indennizzo di qualche migliaio di euro a testa spacciandolo per contributo per la ricostruzione di qualche terremoto, per la valorizzazione dell'imprenditoria del territorio o per qualche ricerca archeologica riguardante l'antica e sconosciuta casa di Masaniello. Comprare un paesino campano di sicuro costa meno che spedire treni, navi e aerei, e prossimamente pure Shuttle della Nasa, a seminare mondezza napoletana per il pianeta e gli spazi astrali. Pare che sulla prossima sonda in partenza da Cape Canaveral ci sia pure un messaggio per gli alieni redatto dal compianto astronomo Carl Sagan in cui si spiega, in un sofisticato linguaggio logico-matematico, che il contenuto della navicella è vera spazzatura di Napoli, cioè di quella ridente città terrestre ritratta sulle foto allegate al carico, in cui spiccano sole, pizza e ammore sullo sfondo dell'immortale pino funiculì funicolà. Ma pure la strategia delle corruzione di villaggi non è facilmente praticabile e potrebbe ostacolare la nostra carriera politica.

La terza chance a nostra disposizione sarebbe accordarci con la camorra. Nel senso che avendo noi amministratori pubblici acclarato che lo Stato non in è grado di far sentire la propria autorità sul territorio campano, demanderemmo una parte delle funzioni governative, come in parte già avviene, alla criminalità organizzata, la quale non avrebbe nessuna difficoltà, rompendo qualche testa e inglobando qualche cadavere in colate di cemento, a persuadere i riottosi partenopei a ospitare la mondezza nei siti individuati dagli esperti. Come qualsiasi servizio, anche quello eventualmente richiesto alla camorra avrebbe un pagamento, e sarebbe saldato con appalti concessi a imprese malavitose o con una maggiore tolleranza da parte dell'apparato statale verso i traffici e le attività camorristiche. Naturalmente pur essendo questa una soluzione dal sicuro effetto, ha anch'essa la spiacevole controindicazione di non giovare alla nostra carriera politica. Prima o poi salterebbe fuori sempre il solito rompiscatole cronista cacciatore di scoop che ci farebbe fare meno carriera di Vito Ciancimino dopo l'omicidio di Falcone.

Parte seconda: la conferenza mondiale sulla spazzatura patrocinata dalle Nazioni Unite e dal Consiglio Superiore dei Talebani

Si evince dalle poche righe soprastanti che la cosa migliore per noi politici della mondezza è andare sul sicuro. Ecco dunque alcuni saggi comportamenti a cui attenerci per garantire la sopravvivenza delle nostre carriere. Prima di tutto accollare le colpe dello scandalo napoletano agli altri politici. La confusione in Campania è massima non soltanto nei tumulti intorno alle discariche. Quindi se qualcuno ci accusa di qualcosa, noi non dobbiamo fare altro che accusare qualche altro amministratore a nostra volta. Presto la baraonda sarà tale che nessuno ci capirà più nulla sulle responsabilità dell'accaduto, di conseguenza saremo salvi. Ad esempio siamo sindaci e passiamo la palla al presidente del consiglio, siamo ministri e tiriamo in ballo qualche non meglio identificato amministratore legato alla camorra, siamo governatori regionali e ce la prendiamo con la Corte dei Conti, la Ragioneria dello Stato o, se non bastasse, con il designatore arbitrale Collina e il Consiglio di Probiviri della Federcalcio deliberante sulle nuove intercettazioni telefoniche su Luciano Moggi.

Altra buona cosa da fare sarà continuare a trattare con municipalità e popolazioni recalcitranti. Non ne caveremo un ragno dal buco, ma nessuno potrà obiettare sul nostro tollerante senso civile e democratico. Si è parlamentato in lungo e in largo con ogni municipalità e clan campano per oltre vent'anni senza risultati? Significa solo che si è parlato poco, lo si deve fare di più, impiegando più parole, più tempo e più persone che danno più aria alla bocca. Potremo inoltre sostituire l'ultimo commissario straordinario alla mondezza, con il nuovo, rutilante, magnificente commissario straordinario, un individuo portentoso che quando parla incanta tutti i ratti che sgranocchiano la spazzatura napoletana. Non è finita qui, abbiamo ancora un mucchio di assi nella manica. Per esempio possiamo promuovere una nuova conferenza sull'ecologicamente e politicamente correttissimo modo di trattare i rifiuti campani. All'occorrenza potremo invitare alla nostra memorabile conferenza il Segretario Generale dell'Onu e i capi di governo israeliano e palestinese, inviati dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, Pamela Anderson, i maghi Copperfield e Casanova e anche eccelsi esponenti della cultura talebana, possibilmente nella persona del mullah Omar o di qualche eminente tagliatore di teste.

Intanto però c'è l'immondizia in strada. Non è mica tanto grave. A ben vedere un po' di spazzatura sotto casa non ha mai ucciso nessuno, nemmeno quando è accatastata in cumuli che arrivano al terzo piano. La cosa da fare è dire ai cattivissimi napoletani di non bruciare la bella e anche pittoresca spazzatura - la quale con un po' di inventiva potrebbe essere utilizzata come attrazione turistica - altrimenti ciò genererà la brutta diossina che fa la bua ai bravi bambini. Potremmo pure creare qualche efficace slogan che suona: mondezza sì, diossina no. Comunque si potranno abbassare le montagne di rifiuti allegando un po' di spazzatura al panfilo che scarrozza in crociera Sarkozy e Carla Bruni; casomai se ne potrebbe rifilare qualche chiletto pro capite all'esercito di giornalisti che guardoneggia i piccioncini in giro per gli alberghi a ore del pianeta. Infine si potrebbe stipulare un accordo speciale con la Mongolia, nazione dimostratasi interessata allo smaltimento del pattume campano. In sole due piccole settimane le balle di mondezza giungerebbero nel deserto del Gobi tramite la linea ferroviaria transiberiana, i cui dirigenti - mentre cantavano ‘O sole mio e un pot-pourri di canzoni partenopee composte da Silvio Berlusconi e dal maestro Apicella - hanno già assicurato che avranno cura come figli dei convogli provenienti dalla città di Pullecenella.

No, non disperiamoci, noi amministratori e politici campani. Ci basta resistere senza far niente solo un paio di settimane. Lo sanno tutti che il governo è in fin di vita. Ci basterà aspettare la dipartita di qualche senatore a vita, aspettare che la maggioranza vada sotto al senato e quindi accollare tutta la colpa dello scempio napoletano al nuovo governo, il quale a sua volta aspetterà di rifilare il gradito dono al governo che verrà, che sia di seconda, di terza o di quarta repubblica. Nervi a posto e sangue freddo. L'unica cosa da non fare è fare qualcosa. La patata bollente presto passerà in altre mani.

martedì 8 gennaio 2008

Sono apparso a uno gnomo


Cari amici del blog, sono piuttosto preoccupato. Ieri stavo per andare a letto quando ho visto uno gnomo in camera mia. Proprio così. Uno gnomo poco più grande di un puffo, seduto sulla poltroncina del mio computer, comprata da Ikea con sacrifici indicibili per ottantanove e novantacinque. Ammetto di aver sudato freddo e di aver dubitato della mia sanità mentale, specie vedendo che lo gnomo non spariva e anzi mi guardava sorridendo, ma poi notando che al mio visitatore non si aggiungevano elfi, hobbit, lillipuziani o anche cartoni animati della Warner Bros mi sono un filo rassicurato. Gli ho detto: "A gnomo, perché non vedi di levare le tende che me sto a cecà dar sonno?".
Lo gnomo ha continuato a sorridere senza parlare. Si muoveva sulla sedia girevole come se fosse il padrone. Friggevo dentro mentre tamburellava le dita pigmee, solo quattro come per i personaggi di Disney, sui braccioli rimovibili dal costo di diciannove e novantacinque. Poi ha detto "Credo di essere pazzo, sto vedendo un uomo".
"E ti pareva che non mi mandavano lo gnomo più deficiente di Puffolandia!" ho replicato. "Guarda, a tappo, che sono gli uomini a impazzire quando vedono gli gnomi".
"Ah sì, e perché?"
"Che ne so! E' la regola. Se c'è uno gnomo vicino a te significa che sei sicuramente pazzo. Lo era pure Robin Williams in La leggenda del re Pescatore."
"Vedeva gli gnomi?"
"Gnomi verdi, sissignore, e gli parlavano."
"Io non sono verde."
"Che dici? Il colore di voi mostriciatt... cioè scherzi di natur... di voi affari tascabili non conta."
"Non mi hai convinto. Lo sanno tutti che Robin Williams è pazzo anche quando non fa il barbone in cerca del Santo Graal, lo era pure in Patch Adams e in ‘Mork e Mindy'."
"Lascia perdere il cinema, c'è quel citrullo blobbato che andava ospite da Maurizio Costanzo raccontando di vedere gnomi. Te lo ricordi? Non mi dire che un tipo così è sano di mente!"
"E tu me lo chiami pazzo, uno che vende cazzate in televisione facendosele pagare a peso d'oro?"
"Sssssss, parla più piano, ci può sentire."
"Parli del babbeo che sparava palle da Costanzo?"
"Sì, lo sai che ha pure lui un blog su Tiscali? Anzi mi pare di averlo visto di recente in una qualche home page."
"E dovrei sorprendermi per la home page?"
"Senti, lasciamo perdere queste chiacchiere, mi rifiuto di discutere con un tipo più basso di Duffy Duck."
"Hai ragione, facciamo così, sparisci e me ne torno al mio computer."
"Ah Puffodeficiente! Ah nanorimbambito! Quello è il mio computer. E in ogni caso non sono gli uomini che spariscono, sono sempre gli gnomi che si levano dalle balle."
"Ma guardate che pretese razziste! E che linguaggio inqualificabile! Di certo il blog a te non fa bene. Comunque io non so come sparire. Quindi..."

Quindi cari amici del blog non so come fare. Capirete che è piuttosto imbarazzante stare nella stessa stanza con un esserino ridicolo alto quanto un soldo di cacio. Temo proprio che non riuscirò a dormire. A meno che vo non conosciate qualche personaggio che abbia dimestichezza con gli gnomi, uno che insomma capisca la cultura di puffolandia o la psicologia cazzoelfica e riesca a convincere questo mostriciattolo ritardato a trasferirsi in un cartone animato togliendosi dalle scatole. Mica avete sotto mano una persona così? Magari quel blogger che vede puffi e affini potrebbe aiutarmi, che dite? Forza, mandatemi lo gnomologo se no qui non si chiude occhio. Sinceramente vostro,
Capitan de' Capitani

venerdì 4 gennaio 2008

Indimenticabile notte di fine anno


Notte di fine anno. Notte di stelle fulgide e di sogni abbacinanti, notte in cui realizzare i desideri più reconditi. Notte di Cenerentole e di romantici uomini in frac che soli vanno, di pianisti sugli oceani. Notte da non dormire. Ognuno vorrebbe che la notte di fine anno fosse speciale. Vorrebbe vivere in quel momento magico esperienze uniche, da poter raccontare a un uditorio che ti ascolta a bocca aperta, con l'aria di dire: ma no, dici davvero? Ebbene io sono stato fortunato. Nella notte di fine anno mi è capitata un'esperienza indimenticabile e la racconterò qui a persone che mi ascolteranno a bocca aperta con l'aria di dire: ma no, dici davvero?
Torniamo alcuni giorni indietro nel tempo. Mezzanotte. Di qui l'anno vecchio e di là quello nuovo. Il cuore festante. Le luminarie nel cielo. Gli echi dei vicini fuochi artificiali della partenopea piazza del Plebiscito. In queste mani emozionate, l'immancabile bottiglia di spumante. Sorrisi a gogò e la certezza assoluta che nel nascente 2008 avrai successi almeno pari a quelli di Napoleone ad Austerlitz. Il tuo oroscopo non è mai stato buono come per i mesi a venire, hai una donna che pensa a te, un romanzo che sta per essere pubblicato e, ultimo presagio di destini fausti, il tappo saluta la tua bottiglia di spumante con un'approssimazione di un decimo di secondo dalla mezzanotte, anche se la tua sardonica compagna, Cleide, cerca in tutti i modi di svalutare il tuo record quasi mondiale. Sì, c'è qualche boato che fa tremare la casa, la solita natalizia Bomba di Maradona echeggia qui e là, qualche antifurto strepita, ma è robetta: questa notte capiterano cose meravigliose, è certo.
Suona il citofono. Io e Cleide ci guardiano. Strano. E' l'una di notte e non conosciamo nessuno nel lembo partenopeo in cui passiamo la Notte delle Notti. Di sicuro sarà qualche Anima Lieta che vuole augurarci il meglio della vita per i mesi a venire. Rispondo. L'Anima Lieta di Capodanno non sembra poi tanto lieta. Ha un tono agitato, preoccupato. Parla di fuoco e fiamme. Quale fuoco? Quello dell'inferno? Be', se il paradiso può attendere può farlo pure l'inferno, almeno in questa notte incantata. Tuttavia no, il tizio, cioè l'ubriaco vaneggiante, non parla dell'inferno, o meglio sì, dice che l'inferno ce l'abbiamo sotto casa.
Un dubbio terribile ti attraversa la mente inebetita dalle suggestioni capodannesche. Con due balzi sei alla finestra e la spalanchi. Una nuvola densa e irrespirabile ti aggredisce i polmoni. Sprezzante del pericolo ti affacci. Le fiamme sono sotto casa tua come aveva farfugliato l'ubriaco poco ubriaco. Un piano più sotto tre o quattro cassonetti gonfi della peggiore immondizia napoletana vanno a fuoco. Ecco finalmente che capisci di che odore è la famigerata diossina di cui si parla dovunque in questi giorni nella città di Pullecenella. Dalla strada ombre rosse diverse da quelle di John Ford ti dicono di buttare l'acqua sui cassonetti in fiammme, muovi il culo, la situazione è drammatica. Incurante di fiamme e nube tossiche ti fiondi in casa e riempi il solo secchio a tua disposizione imprecando contro il fiacco getto d'acqua della fontana. Un sorso di diossina e una secchiata. Un sorso di diossina e una secchiata sui cassonetti. Cleide riempie secchi d'acqua come una pioniera del West ti avrebbe ricaricato la carabina durante un attacco dei Sioux. Alla sesta o alla settima secchiata la situazione sembra disperata. Le fiamme si sono irrobustite a onta dei tuoi sforzi. E un signore in strada proclama, con la flemma di Sua Grazia ad Ascot, che ormai non ce la fai più a spegnere l'incendio. Anzi a suo avviso tra poco le fiamme raggiungeranno i vicinissimi tubi del gas e quindi ci sarà un bel botto, che potrai osservare dalla strada o dalle macerie del tuo monolocale in affitto.
Allora giù il maledetto secchio e via a capofitto per gli antichi scalini da commedie di Eduardo, alti almeno un metro, che ti dividono dalla strada e dalla sopravvivenza. Cleide ha già cercato di contattare ogni istituzione civile, dal 113 ai pompieri e persino al soccorso alpino, ma non risponde nessuno da nessuna parte. E in ogni caso la fine è vicina. Neppure i pompieri dell'Inferno di Cristallo riuscirebbero a scongiurare l'inevitabile.
A un tratto comunque pare che lassù dopotutto qualcuno ci ami. Osservando i cassonetti da distanza di sicurezza, ci rendiamo conto che forse sono sbagliate le previsioni dell'impettito passante desideroso di assistere all'esplosione del nostro appartamento possibilmente con noi dentro. Le immonde fiamme dell'immondizia scemano, si allontanano dai tubi del gas anche se non le contrastiamo più a secchiate d'acqua. E' il momento dei cuori impavidi. Io e Cleide ci guardiamo negli occhi e decidiamo di cogliere l'attimo fuggente. Andiamo su per dare l'ultimo scrollone all'incendio digradante. Sembra affare di poco, ma servono altri sette od otto secchi per domare il fuoco.
Scendiamo in strada mentre diamo aria alla casa. Tornando, ci sembra che l'appartamento abbia ancora un sentore di diossina o chissacché, ma non possiamo passare la Notte delle Notti all'addiaccio. Alla fin fine siamo stati fortunati, ci diciamo. Tutti sognano di avere una notte di Capodanno indimenticabile. E noi di certo non dimenticheremo mai di quando stavamo per saltare in aria accompagnati da cumuli di mondezza.