lunedì 25 febbraio 2008

Io scrivo tu scrivi, intervista semiseria


Ma che me stai ancora a ‘ntervistà? E bastaaahhh.

Dai, non fare così. Qui si fanno intervistare tutti ai quattro punti cardinali. In ogni caso c’è sempre da risolvere quella faccenda del perché si scrive. Cosa significa per te mettere i tuoi pensieri sulla carta o sul monitor? È una specie di autoterapia, un’urgenza, un modo di esistere? Scrivendo esorcizzi forse il dolore e la solitudine esistenziali?

Ma si può sapere che mazza staje a dì? Sei impazzito?

Scusa, cercavo solo di imitare il tono dell’intervistatore che fa le domande importanti agli scrittori importanti seduto in poltrona con l’intellettuale gamba accavallata. Io facevo solo…

Facevi blabla e blabla. Ecco cosa facevi, a trombone che non sei altro.

Va bene, ho caricato un pizzico qualche tono enfatico, ma se non ti dai arie intellettualoidi nessuno ti prende sul serio. Siamo ancora il paese erede dei pomposi caballeros madrileni che latineggiavano a sproposito in ogni situazione. E ora vuoi rispondere alla mia domanda?

Sul perché si scrive? Naturalmente perché in un angolino della mente di chi scrive c’è abbarbicato, anche se lo si nega, il pensiero di avere successo e consenso, possibilmente di guadagnare. Scrivendo si migliora o si pensa di migliorare il proprio status sociale. Ad esempio alla domanda: che cosa fai nella vita? puoi rispondere: faccio il galoppino all’ufficio postale, però ho pubblicato un romanzo. Puoi anche buttare lì, anzi ti consiglio senz’altro di farlo, che il tuo romanzo non ha avuto il successo che meritava, anche se a tuo avviso è meglio di certi best seller cialtroni che si vedono in giro.

Si vabbé, accettiamo pure che uno scriva per autogratificarsi. Ma potrebbe fare pure altre cento cose per ottenere quel risultato. Fare il cantante, l’attore, l’artista pazzo, il calciatore, che ne so, spupazzarsi le alemanne annoiate sulle spiagge di Rimini, fare il signorotto politico alla Mastella. Perché scrivere?

Ma perché è facile! Scrivere è l’azione più facile del mondo. Ti serve solo una penna e un pezzo di carta, o un computer scalcinato, e già ti puoi definire un piccolo romanziere. Inoltre puoi sempre recitare la parte del genio incompreso. Anche se i tuoi lavori non riscuotono l’interesse che ritieni adeguato, puoi sempre dare la colpa a questo mondo mercantilistico dominato da banditi avidi e ignoranti (scusa che tra l’altro ha l’attenuante di essere spesso vera).

Mi hai fatto riflettere. Essere considerato scrittore è meglio che spacciarsi per cantante o emulo di Totti; inoltre temo che non sia tanto facile ingroppar… cioè socializzare con le alemanne di Rimini e Riccione, me manca er fisico e pure la faccia di bronzo. Sai che ti dico? Quasi quasi butto giù pure io il mio bravo romanzo. Ho proprio una bella storia sulla mia tormentata esistenza che non aspetta altro che vedere luce.

Auguri. Però non fare come me. Se un domani ti intervistano, non dire che scrivi perché non riesci a ingropparti le nibelunghe.

Certo che no. Dirò che lo faccio per autoterapia, per lenire il mio bisogno di comunicare, per soddisfare la mia anima poetica. Perché io ho davvero un’anima poetica, sai?

Sì, la sento quando parla dal tuo didietro dopo che ti sei ingozzato di pappardelle alla puttanesca.

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