lunedì 27 settembre 2010

Versione in classe dal napoletano

Damm nu vas cu sta vocch zuccarell,
Damm nu vas rocj ca sap e fravul cumm’atté,
damm nu vas primm ca scapizz ccà ‘nterr
e damm nu vas, famm campà pur’ammè.
Nu vas ch cj pierd?
Pur si nun m vvuo’ bben,
pur si nun m può all’gg’rì,
damm''a vocca toij e famm arricrià.
 
- Ehi, Furlan, vas, vas, che diavolo è un vas?
- Ssss, Brambilla, parla più o ti farai sentire e la prof ti annullerà il compito. Vas, sta per vaso, cioè bacio.
- Ti prego, dammi un aiutino, non riuscirò mai a tradurre questa versione. E’ roba peggio dell’arabo. “Scapizz”, mica ha a che fare  con la pizza, vero?
- Ignorante, scapizzà significa crollare morto stecchito. E prima che me lo domandi, arricrià significa divertire, sollazzare.

Ma t’è vist ch femm’n ca sì?
L’e uardat chilli capill luongh e frishch?
E chill’uocchij chin e sol
e chelli braccij ianch e s’ccullel
‘ngoppp a stu piett maniariell
ca m fa fregner ‘ncuorp e arr’vutà e c’r’vell?
 
- Io esco pazzo, Furlan, che accidenti significa “maniariell”? Arr’vutà e c’r’vell, ma che lingua è?

lunedì 20 settembre 2010

Io cioè il bene, tu cioè il male

Piccole domande sul bene e sul male. Girovagando nel web mi sono imbattuto in un post di Fiore sul bene e sul male e mi è venuta voglia di dire qualcosa di più lungo di un commento. La prima elementare considerazione in materia ci dice che tutti noi crediamo di sapere perfettamente che cosa sono il bene e il male, crediamo di riconoscere subito chi si comporta secondo l’uno o l’altro criterio; ma lo sappiamo davvero? Il bene e il male e esistono sul serio o sono solo due categorie morali che l’uomo ha artificiosamente inventato perché gli fanno comodo così come gli fanno comodo i semafori o le mutande fuori dai jeans a culo basso? Il bene e il male sono due concetti assoluti e veri a prescindere da noi esseri umani e validi anche in altre remote regioni e dimensioni dell’universo o sono validi (utili) solo in questo lembo insignificante di creato e in questo attimo fuggente che noi chiamiamo storia dell’uomo? Infine la domanda cruciale: ammesso che le categorie di bene e male esistano realmente, non potrebbero essere la stessa identica cosa, la stessa faccia di una sola medaglia? Forse il male, da una certa prospettiva, è indistinguibile dal bene e viceversa.

Il buon samaritano canta “We are the world”. Le domande sono tante e insidiose, come si vede, e lo spazio per affrontarle esiguo. Quindi mettiamoci subito al lavoro con alcuni facili esempi. Ecco che abbiamo la madre che si sacrifica per il suo bambino, lo nutre e cura e si toglie il pane di bocca per lui se necessario. Poi abbiamo l’uomo che commette un furto o un omicidio e infine il viandante lasciato moribondo dai briganti sulla strada tra Gerusalemme e Gerico e salvato dal buon samaritano (ma ignorato da altri prima di lui). Noi classifichiamo automaticamente queste azioni come buone o cattive.

martedì 14 settembre 2010

L’invasione degli Ultracorpi c’è già stata?

Da ragazzo mi piaceva la fantascienza (mi piace tuttora quando di qualità). In realtà a un tratto mi sono accorto che non mi attraeva propriamente la fantascienza quanto l’avventura che essa regalava a piene mani nei film e nei romanzi. Le storie di fantascienza, almeno alcune di esse, erano il più grande scenario avventuroso mai immaginabile, molto superiore alla Malesia di Sandokan o al Sudafrica di Wilbur Smith. Amavo il genere catastrofico o quello delle subdole invasioni di alieni, ero poco attratto dalle storie con astronavi terrestri in giro per l’universo o con imperi galattici. Mi piacevano anche i complicatissimi messaggi extraterrestri in arrivo dallo spazio che poi lo scienziato eroe (disilluso, scettico, ma alla fine romantico, vedi il grande Luigi Vannucchi in “A come Andromeda”) doveva decrittare e difendere dalla miopia di politici e militari guerrafondai. Non amavo particolarmente le storie ambientate nel futuro o basate su macchine del tempo, con le dovute eccezioni. Le situazioni in cui sguazzavo di più erano quelle catastrofiche o per meglio dire di sopravvivenza, tipo che sei alla fine del mondo e, in una società senza una parvenza di legalità, devi fare le scorte alimentari nei supermercati superando l'opposizione di biechi individui dal grilletto facile e conquistare una ragazza, quella carina e piena di sentimento che mai potresti avvicinare in un mondo normale e funzionante.
Sempre da ragazzo avevo elaborato una speciale classifica sui miei tre preferiti romanzi di fantascienza. Al primo posto L’invasione degli ultracorpi, di Jack Finney: gli alieni si sostituiscono agli umani replicandone il corpo con tutti i ricordi, ma qualcuno si accorge di piccole differenze di comportamento nei finti umani. Il giorno dei trifidi, di John Windham, gli uomini diventano tutti ciechi tranne pochi privilegiati, che nel caos generale se la devono sbrogliare con i trifidi, organismi vegetali alieni che sparano aculei mortali e si nutrono di sangue. Il villaggio dei dannati, sempre di John Windham, in un villaggio inglese rimasto isolato e incosciente per un certo periodo di tempo le donne danno alla luce inquietanti bambini con gli occhi d’oro.
Ero stregato dall’Invasione degli Ultracorpi soprattutto perché oltre ad avventura, fantascienza, mistero, aveva una formidabile ambientazione noir che mi faceva ricordare i film americani degli anni Quaranta, quelli in forte bianco e nero con uomini con vestiti e cappelli alla investigatore Marlowe e donne briose alla Ginger Rogers. Mi immaginavo il protagonista del romanzo, il dottor Miles Bennell, con la faccia di Humphrey Bogart, anche se sapevo che Bogart non aveva nulla a che fare con la fantascienza e i dottori (una volta aveva interpretato un prete, ma solo sotto mentite spoglie). La parte che mi ipnotizzò è quando sembra cambiata ogni pietra e strada della città teatro del romanzo solo perché sono cambiati gli abitanti. Oggi non so se mi piacerebbe ancora quella storia, soprattutto non so se crederei ancora ciecamente al suo presupposto, e cioè che gli uomini hanno cuore e sentimento, si innamorano, sono generosi, apprezzano cose come la poesia e l’arte ed è proprio per quelle nobili caratteristiche che puoi distinguerli da gelidi e spietati alieni venuti dallo spazio per sostituirsi a loro. Nella mia vita ho visto un mucchio di persone gelide (con le dovute eccezioni), un numero ancora maggiore di persone spietate (con altre eccezioni), e quando queste persone provavano emozioni e sentimenti avevi sempre l’impressione che ciò fosse collegato a un qualche loro vantaggio personale. Domanda: come si fa a distinguere questi uomini dagli Ultracorpi del romanzo? Gli si dà da leggere “essere o non essere, questo è il problema” e si osservano le loro reazioni? Ma se si annoiano sia l’uomo che l’alieno, come la mettiamo? Delle volte mi viene da pensare che l’invasione aliena già ci sia stata e che nessuno se ne sia accorto.

martedì 7 settembre 2010

I miei fumetti

Come gli amici del blog sapranno, un paio di mesi fa ho partecipato a una mostra di fumetti tenutasi a Calcata in Lazio. La mostra, intitolata “Viziosismi”, trattava di  vizi capitali e virtù teologali. A me hanno commissionato di illustrare l’Ira. Ho realizzato tutto con inchiostro di china e un solo pennino, sopravvissuto a un paio di decenni in un cassetto, anche se in realtà l’avevo già utilizzato per disegnare la copertina del mio romanzo (visibile sulla colonna laterale). A quanto mi dicono la mostra ha avuto successo e probabilmente si terrà pure a Napoli. Cliccate sulle immagini per ingrandirle.