lunedì 28 luglio 2014

I voti alle serie televisive (0-B)

Breaking-BadParlerò di alcune serie televisive, mettendo pure dei voti, in questo e in post successivi. Mi interesserò solo di serie recenti e di genere drammatico, il solo genere che seguo, e, tranne in un caso, solo di serie televisive americane o inglesi. Non riesco a seguire serie italiane, non so perché. So solo che una volta cercai di vedere “La freccia nera”, ma mi stavo quasi scompisciando vedendo Riccardo Scamarcio in abiti d’epoca (la donna fatale della storia era interpretata da una velina con accento romanesco che piazzava frecce come nemmeno Guglielmo Tell). Incredulità assoluta mista a risate è la reazione che ho imbattendomi in Sabrina Ferilli vestita da suora ottocentesca o Alessia Marcuzzi in costume da carabiniera buono per Halloween.

24. L’agente federale Jack Bauer ha 24 ore per scongiurare minacce che vanno dall’assassinio di un candidato presidente allo scoppio di una bomba nucleare. La serie si svolge in tempo reale: 24 ore, 24 episodi. Ritmo veloce, trame e sottotrame complicate e scarsa attenzione alla plausibilità dei fatti. L’idea di girare in tempo reale non era originale già dai tempi di Mezzogiorno di fuoco, ma dimostra un certo coraggio. In ogni modo riempire 24 puntate che accadono in 24 ore è difficile e a volte gli sceneggiatori sembrano prestigiatori costretti a fare i saltimbanchi per strada. Per fare un esempio, in una sottotrama della prima stagione, moglie e figlia del protagonista vengono rapite per obbligarlo a collaborare con i cattivi. La figlia fugge e viene ripresa una prima volta. Poi fuggono madre e figlia insieme, liberate da Bauer. Attaccate in una casa difesa da poliziotti, sono costrette a fuggire. In un momento di tregua, la madre scende dall’auto per cercare aiuto, ma avendo parcheggiato male sul ciglio di un burrone, la macchina precipita e la figlia è data per morta. La madre intanto perde la memoria in seguito allo shock. Torna a casa sua dove l’aspetta un killer, che ferisce un suo ex amante ritrovato per l’occasione, dopo essere ucciso a sua volta. La figlia da parte sua si fa arrestare perché chiede aiuto a un balordo (e suo ex rapitore) di cui si è invaghita. Liberata, è ricatturata dai terroristi mentre la polizia la accompagna dal padre. Scappa dai cattivi, ma il padre, all’oscuro della fuga, affronta i rapitori in uno scontro finale. Voto 6.

4400. Una sfera di luce, inizialmente scambiata per una cometa, colpisce la Terra, riportando 4400 individui scomparsi in varie epoche storiche e non invecchiati di un giorno. La serie sembrava promettente nel disadattamento temporale dei 4400, ma risultava troppo fumettistica, specie nei superpoteri distruttivi sviluppati da essi dopo il presumibile rapimento subito da parte degli alieni. Voto 5 e mezzo.

A gifted man. Un egocentrico medico dei ricchi e ricco egli stesso (gira in Ferrari o in un bolide simile) dopo la morte della moglie sviluppa una coscienza sociale e comincia a operare anche a favore dei poveri, pur senza abbandonare la clientela facoltosa che potrebbe sempre tornare utile. L’idea sembra interessante, ma: uno, il protagonista ha una faccia da pesce morto, due, la trama è fiacca, e tre, le conversazioni del medico con il fantasma della moglie morta (che appare, parla e si muove come una donna in carne e ossa) sarebbero ridicole anche in una puntata di “Mia moglie è una strega”. Voto 4.

A young doctor’s. La trama prende spunto dalla raccolta “I racconti di un giovane medico”, di Bulgakov. Le avventure di un medico in Russia ai tempi di Bulgakov attirano, soprattutto perché si tratta di una produzione inglese, generalmente sinonimo di affidabilità. Ma il medico ha la faccia dell’attore di Harry Potter da cui non ti faresti curare nemmeno quando si gioca ai dottori. E parla con i fantasmi. Inoltre la serie vorrebbe avere un taglio ironico che urta. Voto 4.

Alcatraz. Alcuni reclusi della prigione Alcatraz dati per morti da decenni tornano in attività (ovviamente delinquenziali) senza essere invecchiati di un giorno dal momento della loro scomparsa. Anche qui una trama altamente ambiziosa che naufraga nel ridicolo. Jorge Garcia, che intrepretava Hugo il grassone in “Lost”, è assolutamente improponibile come cervellone esperto di qualcosa (in questo caso di Alcatraz). Voto 5.

Almost human. Nel 2048 tutti gli agenti del Los Angeles Police Department sono affiancati da androidi quasi indistinguibili dagli esseri umani, il che crea parecchi problemi di conflittualità. Idea che sembra presa dai romanzi di Asimov sulla coppia di investigatori uomo-robot che non si sopportano a vicenda (cioè lì, e anche qui, è l’uomo che odia la macchina). Storia sviluppata male. Poco espressivi i due protagonisti (quello che fa l’uomo ha recitato addirittura in “Xena, principessa guerriera”), banale e già vista la psicologia dell’androide, sparatorie fatte con pistole buone per giocare alla guerra spaziale negli anni 80. voto 4.

American horror story. Ogni stagione si svolge in un luogo e con protagonisti diversi. Prima stagione, casa con fantasmi e vicina lievemente indemoniata interpretata da Jessica Lange. Seconda, manicomio anni 60 con annessa organizzazione di scienziati pazzi che fanno esperimenti sui reclusi. Terza con streghe moderne. La fattura è buona, le atmosfere ricercate, ma c’è la tendenza a spararle grosse e incredibili, cioè, per usare un linguaggio più serioso, si strizza l’occhio al genere pulp. Voto 5.

Arctic air. La lotta per la sopravvivenza di una compagnia aerea che opera in Alaska. Trama e personaggi non memorabili. Tutto già visto. Punti di forza: i molti attori nativi americani e soprattutto l’ambientazione in paesaggi artici che fa sorvolare su molte debolezze del plot. Voto 6 più.

Awake. Il detective della polizia Michael Britten riprende conoscenza dopo un incidente stradale, in cui sono rimasti coinvolti anche la moglie Hannah e suo figlio Rex. Da quel momento Britten vive in due distinte realtà: in una, Rex è sopravvissuto mentre Hannah è morta, nell’altra il contrario. Spunto iniziale ottimo, intriganti le due vite vissute dal protagonista, le quali si ricompongono spesso in modo suggestivo (un’informazione captata in un’esistenza sarà utile nell’altra). Come spesso accade, un’idea potenzialmente notevole viene svilita in un finale deludente tipico degli sceneggiatori che hanno fatto il passo più lungo della gamba. Voto 6 e mezzo.

Battlestar galactica. Con un’attacco a tradimento, la razza umana è distrutta da una civiltà aliena. Si salva solo l’astronave Galactica con il suo equipaggio. Bisogna scoprire cosa è successo. Sopravvivere ai tentativi di completare il genocidio. Vendicarsi, se possibile. Individuare i traditori alieni infiltratisi a bordo sotto sembianze umane. E magari trovare un pianeta mitico nella cui esistenza nessuno crede, la Terra, in cui rifondare la razza umana. Personaggi molto ben strutturati specie quelli di origine non umana. Azione. Finale sotto le aspettative. Voto 8.

Boardwalk Empire. I gangster negli anni Venti al tempo del proibizionismo.. Presenti anche dei giovani Al Capone e Lucky Luciano. La particolarità della serie è che il boss principale, Nucky Thompson interpretato da Steve Buscemi, non è un bestione sanguinario da strage di San Valentino, ma un uomo colto, che sa parlare con le donne e le tratta da persone, anzi c’è qualcosa di femminile in lui, anche se ovviamente sa ricorrere a una sparatoria o ordinare un omicidio quando serve. Il punto debole della serie sembra una certa tendenza a voler dipingere un affresco storico più che a raccontare una vicenda. Comunque, ci si aspetta di vedere gangster che sventagliano mitragliate e li si vede. Ci aspetta di vedere killer spietati, corruzione, tradimenti, attacchi di ira di Al Capone, guerre di bande. E nessuna attesa viene delusa. Voto 7 e mezzo.

Boss. Politico spietato, il Sindaco Tom Kane è al centro delle trame del potere di Chicago. Serie sul sottobosco corrotto della politica, dove il più spietato e figlio di buona donna sopravvive. Ben fatta, personaggi psicologicamente curati, ma poco attraenti. Predomina un senso di freddezza. Il protagonista ha un fascino cinematografico ben diverso dal Kevin Spacey di “House of cards”. Voto 6.

Breaking bad. Un tranquillo e scialbo professore di liceo, scoprendosi malato di cancro, decide di usare le sue conoscenze scientifiche per produrre droga sintetica e lasciare un’eredità alla famiglia. E’ difficile parlare di di questa serie per i motivi che dirò poi. E’ stata superpremiata e di solito osannata dai critici televisivi ed è certamente una produzione di raffinata fattura, ben recitata, con personaggi complicati. Purtroppo è afflitta da quella che definisco la malattia dello “stupido utile”. Vediamo di spiegare. Le serie televisive sono composte da decine o perfino centinaia di puntate. E’ un’impresa ardua riempire tante ore di racconto con trame attraenti, sviluppi inattesi, complicazioni intelligenti e non gratuite. Di solito l’idea principale della storia si esaurisce in poche puntate e per proseguire si può ricorrere a scorciatoie, non sempre ammirevoli. Una delle scorciatoie per allungare il brodo delle serie televisive (o anche di certi romanzoni interminabili) è usare lo stupido utile, cioè un personaggio che pur ricevendo vantaggi e favori enormi dal protagonista della storia si impegna con tutte le sue forze per remargli contro, tradirlo, metterlo in pericolo. Non lo fa per cattiveria, ma solo per imbecillità. Per esempio in “Dexter”, il serial killer “buono” protagonista della storia a un tratto uccide di nascosto l’ex marito della sua fidanzata, il quale l’aveva violentata, quasi uccisa di botte, derubata e umiliata, e ora uscito di galera, si apprestava a a farle di peggio e di più. Normalmente una persona dovrebbe essere contenta se qualcuno ti toglie dalle scatole un individuo così. Ma non lo stupido utile, che farà indagini su di te, ti guarderà con sospetto, ti denuncerà alla polizia, come in effetti fa la scema fidanzata di Dexter.

Ora il problema è che in “Breaking bad” ci sono almeno tre stupidi utili, forse perfino di più. Uno è la moglie del professore di chimica, che invece di essere grata per i soldi che il marito porta a casa, con cui possono pagare debiti e curare sia il marito che il figlio handicappato, per l’amore con cui viene trattata, fa di tutto per ostacolarlo. Un secondo stupido utile è l’ex allievo che il professore coinvolge nella sua produzione di droga, il quale è già un delinquentello e quindi non ha neppure remore morali ad agire in un certo modo. Eppure per quattro lunghissime stagioni questo individuo fa di tutto e di più per danneggiare il suo protettore e in un certo modo benefattore. Chiacchiera in giro di segreti scottanti, si impegola con gente pericolosa, è incapace nel lavoro, inaffidabile, irriconoscente, vigliacco, debole eccetera e più di una volta cerca di uccidere o far uccidere il suo socio. Il terzo stupido utile è il cognato poliziotto del professore, che a un tratto riceve perfino una grossa cifra per pagarsi le cure per non diventare invalido. Naturalmente ripagherà ogni favore cercando di mandare in galera il cognato. Tre stupidi utili sono davvero troppi per una serie televisiva. E a questo si deve aggiungere anche un deludente finale in cui il protagonista muore crivellato per salvare il più odioso dei tre cretini, cioè il suo ex allievo. Voto tra 5 e 6.

Bunheads. Michelle, una showgirl di Las Vegas, sposa quasi per scommessa un uomo appena conosciuto. Il marito muore poco dopo che lei l’ha seguito in un paese anonimo e Michelle dovrà abituarsi alla nuova vita, ben diversa da quella scintillante di Las Vegas, aiutando la suocera a condurre una scuola di danza. La caratteristica principale di questa serie sono i dialoghi scoppiettanti che vedono impegnata la protagonista, ispirati, secondo la creatrice della storia, Amy Sherman Palladino, alla commedia sofisticata degli anni 50. La cosa che sorprende di più è vedere Michelle bella e impossibile (da fronteggiare nella battuta pronta), ironica e amara vestita da coniglietta-ballerina a Las Vegas, brava a danzare quasi come lo è a duettare. Michelle ricorda un po’ Ginger Rogers, della quale si rammentano le capacità di ballo e un po’ meno quelle, altrettanto notevoli, nella commedia sofisticata. Ci sono anche delle sottotrame che vedono impegnate le adolescenti allieve della scuola di danza; anzi col tempo la serie prende una pericolosa china verso la commedia adolescenziale. Voto 7.

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