venerdì 31 ottobre 2014

Fortuna al gioco

- Sai sono preoccupato, è la prima volta che manchi un appuntamento.

- Di che parli?

- Del blog. Non è mai capitato che passasse un mese senza che tu scrivessi un post. Sono deluso. Il tuo blog pareva una delle poche certezze di questo mondo.

- Esagerato. Si tratta di un piccolo diario virtuale di nessun conto. In ogni caso il mese non è ancora terminato, siamo al 31.

- Intendi dire che hai un argomento da post?

- Forse. Che ne diresti se parlassi di fortuna al gioco?

- Sentiamo.

- Conosco una persona che ha un fratello che vince spesso alle scommesse. Ora quattromila, ora duemila. Ora cinquecento.

- Be’, può capitare. È una cosa normale.

- Questa persona ha pure un secondo fratello. E vince pure lui al gioco. Ora tremila, ora mille e cinquecento, ora altre cifre.

- Può capitare pure questo. Specie se i giocatori in questione giocano forti somme di denaro. Magari pensano di aver vinto, ma se alla fine si fa il saldo tra somme incassate e perse al gioco si scopre che sono in perdita.

- No, la persona in questione afferma che i fratelli giocano somme piccolissime, un paio di euro a settimana o poco più. Però non è finita qui. Uno dei fratelli giocatori ha una fidanzata la quale gioca pure lei.

- Non vorrai dire che vince pure lei alle scommesse?

- No, quella è una furba, non scommette. Hai presente quei giochi cretini di internet, dove ti dicono “Hai vinto una grossa somma, chiama immediatamente questo numero?”, oppure “Rispondi a questa domanda: il nome di Garibaldi era Giuseppe o Vercingetorige?”.

- So di cosa parli, è spazzatura fatta per fregare i polli. Me ne tengo alla larga.

- Ebbene la fidanzata di questo fratello giocatore afferma di aver tentato la fortuna a uno di questi giochi spazzatura e al primissimo o a uno dei primissimi tentativi dichiara di aver vinto tremila euro fruscianti, regolarmente incassati sulla carta di credito.

- Ma che mi dici mai? Sono come, si dice, basito. Però una volta in un libro di Piero Angela ho letto che uno al casinò aveva imbroccato una combinazione di gioco con una probabilità di uscita su non so quanti milioni. Immagino che possa capitare di tutto.

- Però Piero Angela parla di un individuo singolo e non di un’intera famiglia. Ma non è finita qui. Questi due fratelli giocatori avevano un padre che giocava pure lui.

- Ora dirai che ha vinto anche il padre.

- Già vinse una grossa somma al Totocalcio, almeno così diceva, roba da comprarti una magione di campagna.

- Chissà se Piero Angela saprebbe calcolare quante possibilità ci sono che tutta questa gente imparentata vinca al gioco tutta assieme puntando piccolissime o perfino nessuna somma di denaro. Tu che ne pensi?

- Naturalmente penso che la fortuna sia cieca. Uno può pure giocare giochi spazzatura e vincere tremila euro o più, anche se dalle mie parti si commissionano omicidi con cinquecento euro e nessuno ti regala una benemerita mazza, figuriamoci i truffatori del web. Oppure penso che qualcuno possa inventarsi vincite immaginarie per il piacere di avere i suoi cinque minuti di celebrità. Però c’è anche un’altra possibilità, la cito solo per scrupolo, non per convinzione. Mi viene in mente che a volte il gioco è il modo più facile per giustificare una somma di denaro di incerta provenienza. Ho spesso sentito che mogli e amanti di bancarottieri, dopo che questi hanno intestato loro beni e proprietà per sottrarli al sequestro giudiziario, dicono di aver vinto al gioco per spiegare il loro improvviso arricchimento. Ora che mi ci fai pensare, una signora dall’improvvisa fortuna il cui nome ricorreva spesso nell’affare famosissimo della casa a Montecarlo disse, dopo che il suo ex amante era fuggito in Centro America per schivare un arresto per bancarotta fraudolenta, che aveva fatto tredici al Totocalcio.

4 commenti:

  1. Chi non risica, rosica.

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  2. Speriamo rosichi pure la la guardia di finanza.

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  3. CASSANDRO

    Quasi sicuramente al gioco la fortuna è cieca, come tu ben dici, Cap, anche se ci credo poco: ad esempio, io non farei mai nessuna partita con un vero giocatore di poker, anche se questi mi facesse scegliere le carte da tenere in mano.

    E poi la vincita per quanto possa essere travolgente, tornando al poker, non è mai definitiva, come nella vita.

    LA VITA E’ UN POKER

    Una partita a poker è la vita
    pur qui vincere o perdere non vale
    fino al momento che non è finita,
    chè si contano i soldi per le scale

    per sapere se hai perso o vinto.
    Così ad esempio io, che ho smazzato
    in vita . . . aperto al buio per istinto…
    visto, rilanciato e . . . bluffato . . .

    avuto spesso full contro una scala . . .
    colore contro full . . . tris su doppie . . .
    nelle ultime mani una mala
    sorte, ahimè, ha fatto sì che in stoppie

    si riducesse il mio bel giardinetto . . .
    fino ad allora coltivato bene . . .
    ciò forse . . . credo . . . per il troppo affetto.
    apertamente o fuori dalle scene.

    Tardi ho capìto che ciò non conviene.


    Come il sole è l’affetto . . . s’è eccessivo
    non scalda . . . brucia come fuoco vivo.

    Chè il troppo storpia in tutto, lo si sa,
    . . . sarebbe qui bastato anche metà.

    Delle scale sono agli ultimi gradini
    e in tasca ho solamente due quattrini.

    Okkei, li metto in bocca e li darò
    a chi traghetta appena arriverò.

    (Cassandro)

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  4. Non avevo visto il tuo commento, Cassandro. E' un piacere sentirti. Sul gioco, devo dire che credo poco alle fortune continuate, specie se si verificano nell'ambito della stessa famiglia giocando modeste somme di denaro. Tra i casi citati, tutti veri o riferitimi come tali, quello a cui credo di meno è il racconto della tizia che fa il gioco spazzatura su internet e vince tremila euro.

    Ricorderai anche il caso della signora della casa a Montecarlo (in realtà il caso riguardava il fratello di lei e cognato di un noto politico ora in disgrazia). Questa signora all'inizio degli anni Novanta era una ventenne che si mise con un sessantenne, brutto, ignorante, basso, volgare, panciuto che si esprimeva con un forte accento cafone, ma pieno di soldi. A un certo punto la bella ventenne si fece intestare gran parte del tesoro dal sessantenne brutto, ignorante, basso, volgare, panciuto che si esprimeva con un forte accento cafone, ma pieno di soldi, facendo ovviamente da prestanome. Case, proprietà, immobili. Il sessantenne brutto, ignorante, basso, volgare, panciuto che si esprimeva con un forte accento cafone, ma pieno di soldi dovette scappare in Centroamerica per sfuggire a un arresto per bancarotta fraudolenta e la bella ventenne che si era messa col sessantenne brutto, ignorante, basso, volgare, panciuto che si esprimeva con un forte accento cafone, ma pieno di soldi si tenne il tesoro perché non ci fu modo di dimostrare la provenienza illecita di quella fortuna. La bella ventenne DISSE DI AVER VINTO ALL'ENALOTTO per giustificare la sua improvvisa fortuna.

    Successivamente la bella ventenne, ora diventata signora distinta con la fortuna del sessantenne brutto, ignorante, basso, volgare, panciuto che si esprimeva con un forte accento cafone, ma pieno di soldi e scappato in Centroamerica, si fidanzò con un politico di belle speranze che avrebbe dovuto diventare Il nuovo Andreotti della situazione. Le andò male perché il politico, coinvolto nello scandalo di una casa a Montecarlo ceduta illecitamente al fratello della ex ventenne fortunata e ora signora distinta, non venne rieletto e finì nel dimenticatoio. Comunque la ex bella ventenne e ora distinta signora si può sempre consolare, perché con il tesoro intestatole dal sessantenne brutto, ignorante, basso, volgare, panciuto che si esprimeva con un forte accento cafone, ma pieno di soldi e fuggito in Centroamerica non dovrà mai lavorare un giorno nella sua vita.

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